martedì 28 febbraio 2017

BREAKING BREADS: TIRIAMO LE SOMME?


Avevo quattordici anni quando usci'  Il Nome della Rosa. 
Non ero riuscita a mettere le mani sul libro di mia mamma, quello con la copertina rigida, rossa, con le spirali, perche' era tutto un passarselo fra le amiche e mi ero dovuta arrangiare con l'edizione in brossura, profilata di marrone, con l'aggiunta di un libricino "Postille a Il Nome della Rosa" con cui poi avrei fatto la figa, negli anni dell'Universita'. Ma in quegli anni, da lettrice accanita ma ancora acerba, l'unica percezione che avevo, mentre mi appassionavo alla storia, mi annoiavo sulle descrizioni, saltavo interi paragrafi e ne rileggevo con avidita' altri, era che quello che avevo in mano era qualcosa di epocale, forse anche di epico, qualcosa che prima non c'era, quanto meno non cosi, non in quella forma, capace di sdoganare una cultura fino ad allora pensata come per pochi e quindi guardata a distanza e forse anche temuta, per renderla fonte di un'ispirazione duttile, coinvolgente, divertente. Manoscritti secolari, messaggi da iniziati, anfratti della storia diventavano ora cose vive, riattualizzate, resuscitate, mi verrebbe quasi da dire, per strapparle a un mondo di morti e reinserirle nel flusso della vita. 
Niente sarebbe stato piu' come prima, dopo Il Nome della Rosa e anche se non potevo prevederlo, a 14 anni, l'ho imparato sul campo, coi romanzi usciti negli anni successivi, da I Pilastri della terra a Il Codice Da Vinci, tanto per citare i due titoli piu' emblematici di un filone che, a distanza di quasi 40 anni, non ha ancora mostrato la corda. 

Le stesse sensazioni, seppure formulate in maniera diversa, le ho provate anni dopo, sfogliando Jerusalem di Yotam Ottolenghi: al di la' delle singole ricette, al di la' di quelle che scartavo e di quelle che invece sottolineavo con furore, quello che avevo per le mani era un libro che avrebbe segnato uno spartiacque, nella storia dell'editoria gastronomica. L'operazione di Ottolenghi, con tutti i distinguo del caso, era infatti simile a quella di Eco. La', la cultura accademica, qui la Tradizione di una cucina intrisa come nessun'altra al mondo di simbologie religiose che, per la prima volta, veniva liberata dai vincoli dell'ortodossia, per diventare strumento di creativita', di avventura, di divertimento, di scoperta, di nuova vita, insomma. E come Eco aveva agito nel nome di un amore per la cultura vera, cosi Ottolenghi agiva nel nome di un amore profondo e viscerale nei confronti del cibo, al punto da farlo diventare la cifra interpretativa della stessa Gerusalemme, la chiave di volta per ritrovare anche altrove quel dialogo che nelle cucine non ha mai conosciuto soluzione di continuita'. 

E al pari di Eco, anche Jerusalem ha aperto un filone aurifero in cui da anni si scava, attingendo meraviglie. 
A questo filone appartiene di diritto anche Breaking Breads, di Uri Scheft, che costituisce un ulteriore passo avanti sulla strada aperta per la prima volta da Ottolenghi- in maniera decisa ed estrema. L'operazione commerciale e' evidente (parliamo di una pubblicazione intimamente legata ad una catena di negozi) ma questo non inficia il valore del libro che, anche dopo le tre settimane di duro lavoro delle Starbookers e delle Redoners, conferma il giudizio positivo della prima impressione. Ogni ricetta e' spiegata in maniera che definire esaustiva e' riduttivo: pagine e pagine e pagine, con tutti i passaggi ben specificati, a volte anche illustrati, in un approccio rarissimo da trovare nei libri di cucina destinati al grande pubblico, dove il testo e' breve e l'immagine e' tutto. Qui abbiamo entrambe le cose, in un'operazione editoriale accurata e probabilmente piu' costosa di quanto il prezzo di copertina lasci immaginare (altro punto a favore). Certo, qualcosa non e' riuscito: ma dopo tutti questi anni abbiamo imparato che non e' la singola ricetta che fa il libro. Un bel libro e' quello che non finiresti mai di sfogliare, che riesce a farti venir voglia di cucinare anche quando la voglia la pensavi morta e sepolta sotto decine di priorita' piu' urgenti, che e' tuo fedele alleato nel rastrellare mugolii di piacere, ooooohhh di meraviglia e abbracci pieni di gratitudine, ogni volta che si attingono ricette dalle sue pagine. Questo e' stato per noi Breaking Breads, una storia che non avra' fine con l'ultimo giorno del calendario e che ci auguriamo possa iniziare o proseguire anche nelle vostre cucine, nei mesi a venire: perche' se mai ha un senso il nostro progetto, e' proprio nella condivisione della gioia che si prova quando ci si imbatte in un libro di valore. E Breaking Breads vale, davvero!

Ci vediamo fra due settimane, con il prossimo Starbooks!

lunedì 27 febbraio 2017

MUFFIN AI LAMPONI CON ZUCCHERO DI CANNA


Veronica R, una nostra affezionata lettrice senza blog, ci manda il suo contributo per il Redone:

"La mia cucina easy" è un titolo che mi attira particolarmente,  non ho spesso il tempo di preparare cene da tre portate e libri come questo aiutano a raggiungere il giusto compromesso per portare a tavola qualcosa di soddisfacente ma veloce. Adoro fare colazione con i muffins e cerco sempre la ricetta perfetta, di questa mi ha incuriosito l'utilizzo del latticello che conosco e apprezzo (soprattutto nei pancakes), inoltre ho una scorta di lamponi in freezer che era ora di utilizzare ;)

MUFFIN AI LAMPONI CON ZUCCHERO DI CANNA
(ricetta tratta da La mia cucina easy di Lorraine Pascale)

Ingredienti per 12 muffins
350 g di farina autolievitante
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
un pizzico di sale
250 g di zucchero di canna chiaro, più 25 g per la copertura (per me Demerara)
1 cucchiaino di cannella in polvere (facoltativo)
350 ml di latticello ( o latte lasciato riposare 5 minuti con 1 cucchiaino di succo di limone)
2 uova (per me grandi) , sbattute leggermente
150 g di burro, fuso e fatto raffreddare
200 g di lamponi (freschi o surgelati)

Scaldate il forno a 200 gradi. Inserite i pirottini per muffins negli incavi dello stampo, o se preferite un effetto più rustico tagliate 12 quadrati di carta forno di circa 15 cm di lato e inseriteli negli incavi,  quindi tagliate altri 12 quadrati delle stesse dimensioni e inserite negli incavi anche questi, ma un po' sfalsati rispetto ai primi per avere un bordo con più punte.

Mettete in una ciotola capiente la farina, il bicarbonato, il sale, i 250 g di zucchero e la cannella, se la usate (io non la amo particolarmente e l'ho omessa), e mescolate un po' per amalgamare gli ingredienti. Aggiungete il latticello, le uova, il burro fuso e freddo, e mescolate bene tutto quanto fino a ottenere un impasto denso e liscio.
Tenete da parte circa 24 lamponi per decorare i muffins, quindi aggiungete gli altri all'impasto e incorporateli delicatamente. Se sono surgelati è probabile che dobbiate separarli prima di unirli all'impasto.
Versate l'impasto a cucchiaiate e in parti uguali negli incavi foderati (io ho usato un dosatore per gelato per prelevare la stessa quantità di impasto), quindi decorate ciascun muffin con due dei lamponi tenuti da parte, senza affondarli nell'impasto. La Pascale usa questo espediente per fare in modo che non tutti i lamponi affondino e se ne vedano in superficie.
Infornate sul ripiano medio del forno per 20 minuti, o finché i muffins sono cotti e ben dorati, nel mio forno 35 minuti.
Sfornateli e cospargeteli con lo zucchero tenuto da parte, quindi infornateli nuovamente per 10 minuti circa o finché lo zucchero è leggermente dorato.
Sfornate e lasciate raffreddare nello stampo. Sono deliziosi sia freddi che caldi.

NOTE
  • Se non trovate la farina autolievitante potete prepararla in casa setacciando più volte 500 g di farina 00 e una bustina di lievito per dolci.
  • Ho apprezzato l'idea dei lamponi sulla superficie, anche se i miei muffins sono cresciuti molto e in alcuni i lamponi sono sprofondati!
  • Attenzione alla cottura, l'impasto è piuttosto denso quindi controllate la doratura.
  • Io li ho cotti in  modalità statica perché con la modalità ventilato ogni muffin prende una forma un po' astratta.
  • Potete diminuire la quantità di zucchero, sono comunque molto ricchi.
  • La Pascale consiglia di provare anche con more, fragole o mirtilli.

La ricetta è ben spiegata, i muffins sono molto soffici grazie al latticello, a mio gusto rendono di più tiepidi. Sono ottimi per colazione o a merenda, la ricetta è quindi

PROMOSSA

HAMANTASCHEN AI SEMI DI PAPAVERO


Ed ecco il contributo di una delle nostre Redoner, Valeria Pompili del blog I golosi itineranti che ci racconta la sua avventura con questi biscottini dal nome difficilissimo, gli hamantaschen. Diamo subito la parola a Valeria:

Il libro di questo mese è molto intrigante: tutto sulla panificazione ebraica. La mia decisione è caduta su questi simpatici biscottini per due semplici motivi: non sono molto brava a panificare e il nome mi ha incuriosito. Letteralmente “le tasche di Haman”, anche se in ebraico sono “le orecchie di Haman”. Ma chi è questo Haman?? È l’antagonista principale del Libro di Ester ed è legato alla festività del Purim, in occasione della quale si consumano questi dolcetti.

Andiamo e esplorare la ricetta.



HAMANTASCHEN AI SEMI DI PAPAVERO

Ingredienti per 40 Hamantaschen 
Shortbread alle mandorle
230 g di burro freddo
100 g di zucchero a velo
50 g di zucchero semolato
1 uovo e mezzo sbattuto
400 g di farina 00
50 g di farina di mandorle
5 g di sale fino

Ripieno ai semi di papavero
 220 g di semi di papavero
315 g di latte intero
110 g di zucchero semolato
1 limone grattugiato
45 g di burro
15 g di marmellata di albicocche
20 g di briciole di torta o muffin

Spennellatura1 uovo
1 cucchiaio d’acqua
1 pizzico di sale


Mettete il burro su un pezzo di carta da forno e schiacciatelo con il mattarello – deve ammorbidirsi ma restare freddo. Mettetelo assieme ai due zuccheri nella ciotola di una planetaria e fate andare per 60 secondi utilizzando il gancio a foglia.
Io non avendo la planetaria ho impastato a mano: ho unito il burro freddo con gli zuccheri e le farine, utilizzando delle spatoline ho sabbiato bene il burro senza farlo scaldare e ho poi aggiunto il sale e l’uovo sbattuto.

Aggiungete l’uovo sbattuto e continuate a impastare, poi unite le due farine e il sale. Togliete la ciotola dalla planetaria e mescolate l’impasto finché è omogeneo.

Trasferite l’impasto su un grande foglio di carta forno e con il mattarello appiattitelo e dategli una forma rettangolare e mettete in frigo per un’ora. Io ho reso l’impasto una palla e l’ho messo in frigo avvolto nella pellicola.

Mettete i semi di papavero in un mixer e macinateli fino a ridurli a una polvere fine, fermandovi prima che diventino una massa pastosa. Versate il latte e lo zucchero in una pentola e scaldate a fuoco medio mescolando continuamente, fino a quando lo zucchero si scioglie (circa 2 minuti). Aggiungete i semi di papavero, la buccia di limone e il burro e continuate a mescolare a fuoco basso. Dopo circa 5 minuti inizierà a fare delle bolle e i semi di papavero avranno assorbito quasi tutto il latte. Continuate a mescolare fino ad ottenere un composto appiccicoso e senza più latte. Togliete subito la pentola dal fuoco e aggiungete la marmellata e le briciole (avevo della torta margherita, ho sbriciolato quella). Trasferite il tutto in una ciotola, copritela con della pellicola e lasciate raffreddare.

Prendete l’impasto dal frigo e stendetelo (se non lo avevate già fatto prima). Ricavate con uno stampino rotondo di 4 cm di diametro gli Hamantaschen.

Spennellate i tondini con il composto dl’uovo sbattuto con l’acqua e il sale. A mano o aiutandovi con una sac à poche mettete un po’ di ripieno al centro di ogni dolcetto – non esagerate con la quantità o non riuscirete a chiuderlo. Pizzicate la frolla in tre punti unendo i lembi di impasto e ottenendo così dei triangolini dal cui centro rimane visibile il ripieno.

Preparate due teglie e posizionatele in forno caldo a 180° rispettivamente in basso e in alto. Dopo sei minuti di cottura invertite le due teglie e proseguite per altri 5-6 minuti. Gli Hamantaschen si possono conservare per circa tre giorni in un contenitore ermetico.

NOTE
Devo dire che non ho incontrato nessun ostacolo nello svolgimento della ricetta. A parte quanto ho segnalato non ho cambiato niente e il risultato mi ha soddisfatta: lo shortbread alla mandorla rimane un po’ morbido per via del ripieno umido, il gusto della frolla è delicato e si accompagna benissimo al sapore più deciso del ripieno.
C’è da dire che questi dolcetti sono molto diversi da quelli a cui siamo abituati: non sono troppo dolci e quando li mangi non ti senti minimamente in colpa: sembra di mangiare qualcosa di salutare, non saprei spiegarlo diversamente.
L’aggettivo che più gli si adatta è quello dato dallo stesso autore del libro: old fashioned, quindi sobri ma con un lascito di tradizioni e di cultura che li rende a mio parere speciali.

La ricetta è indubbiamente

PROMOSSA!

sabato 25 febbraio 2017

ALGERIAN NUT COOKIES



Nel corso del mese il nostro progetto ha cambiato il nome….ora siamo il Caritas Cafè di Bolzano….ma siamo sempre noi  (ex Cafè Iris Caritas di Bolzano)
Abbiamo preparato questi biscottini in occasione di una giornata dove abbiamo invitato i nostri clienti ad una degustazione di tè con la menta preparato dalla nostra stagista Fatima….ci sembravano perfetti!
Sono buonissimi e veloci da preparare…il profumo di mandorla si sparge per tutta la cucina e perdura per molto tempo….

Algerian Nut Cookies
Dal libro “Baklava to Tarte Tatin”

· 65 g di mandorle tritate
· 5.5 g lievito per dolci
· 160 g zucchero a velo
· 500 g torta di farina
· 250 ml di olio vegetale neutro aromatizzato (potrebbe essere necessario un po' più o meno)
· 1/2 cucchiaino estratto di vaniglia
· un po' di cannella in polvere per spolverare

Foderare una teglia con carta da forno.
In una ciotola, mescolare insieme la farina di mandorle, il lievito in polvere, lo zucchero a velo e la farina setacciata.
Aggiungere gradatamente versandolo a pioggia l'olio, mescolando continuamente. A seconda della farina e le mandorle utilizzato, potrebbe essere necessario più o meno olio rispetto al quantitativo indicato.
Non appena la consistenza della pasta sarà tale da riuscire a formare un impasto omogeneo, smettere di aggiungere olio.
In un primo momento, l’impasto risulterà granuloso, ma più si aggiunge l’olio, più sarà facile impastare.
Aggiungere l'estratto di vaniglia e impastate un po' per incorporarlo.
Prendere una piccola quantità di pasta nel palmo della mano e chiuderla intorno ad essa come se si fosse catturato un insetto, tenendo le mani in questa posizione, usare la mano superiore per formare una pallina appiattita su un lato.
Posizionare i Montecaos (il biscotto appena formato) su una teglia e spolverare leggermente con la cannella.
Cuocere per circa 30 minuti a 170 gradi, fino a che la superficie superiore formerà delle crepe e si colorirà leggermente.
Trasferire con cura su una griglia e far completamente raffreddare e poi servire o conservare in un contenitore per ermetico fino a un mese.

Osservazioni
  • facile e velocissima da preparare, i biscotti sono ottimi con il tè
  • suggeriamo di provare anche togliendo un cucchiaio di farina di mandorle e aggiungendo un cucchiaio di semi di sesamo (consiglio arrivato direttamente da Casablanca…ma forse è un’altra versione…)
  • la ricetta è favolosa e i biscottini escono sempre….e perfetti!!!
  • attenzione alla cottura….30 minuti a nostro avviso sono troppi….ma probabilmente dipende dal forno…dopo 15 minuti tenere i biscotti sott’occhio perché se si colorano troppo perdono la loro friabilità
La ricetta è assolutamente
PROMOSSA
 

Contributo del Caritas Cafè di Bolzano

venerdì 24 febbraio 2017

CHOCOLATE AND ORANGE CONFIT CHALLAH



Ed ecco il contributo di una delle nostre Redoner, Veronica Riccadonna del blog La mia cucina felice. che ci racconta la sua avventura con la challah!

Ed eccomi qui nel panico più totale….ho una ricetta che voglio assolutamente fare, ma forse ho sopravvalutato il mio inglese.
Arancia e cioccolato fondente in un pane dolce….una meraviglia già il solo pensiero…. Sento il profumo che arriva solo guardando la fotografia!
Ed eccomi qui, io e la mia fedele gattina con il libro aperto, carta e matita (e l’immancabile dizionario) a vedere di tirar fuori una traduzione comprensibile….
Tre pagine….ansia da prestazione da Starbooks…il costante pensiero di cambiare ricetta, ma poi la testardaggine vince…e ne valeva la pena!
La ricetta non è delle più semplici, ma forse il fatto che io non possieda una planetaria e debba impastare tutto a mano complica un po’ le cose….
I passaggi sono molti, quindi è un pane da preparare con calma quando non si è strette con i tempi… il risultato è spettacolare!
In corsivo le mie annotazioni


Chocolate and Orange Confit Challah

Ingredienti
Orange Confit
235 gr acqua a temperatura ambiente
235 gr zucchero semolato
1 arancia Navelina tagliata a rondelle sottili e senza semi (io un’arancia qualunque)

Impasto
300 gr acqua fresca a temperatura ambiente
40 gr lievito di birra fresco oppure 15 gr di lievito di birra secco
1 kg di farina (setacciata 11.7%) più extra per impastare. (io 1 kg di farina 00)
2 uova grandi
100 gr panna acida
100 gr zucchero semolato
15 gr sale fino
60 gr burro non salato a temperatura ambiente più extra per ungere la pirofila
340 gr cioccolato fondente di buona qualità tagliato a pezzi di 1 cm

Per spennellare l’impasto (egg wash)
1 uovo grande
1 cucchiaio di acqua
1 pizzico di sale

1 Preparare le arance confit: portare l’acqua e lo zucchero ad ebollizione in una casseruola media a fuoco alto, mescolando di tanto in tanto per sciogliere lo zucchero.
Una volta che lo zucchero sarà disciolto, versarne la metà dello sciroppo in una ciotola e lasciare da parte.
Aggiungere le fette d’arancia allo sciroppo rimasto nel pentolino e riportare il tutto a bollore.
Scolare le fette dallo sciroppo che risulterà amaro. (questo sciroppo non va tenuto)
Prendere lo sciroppo tenuto da parte nella ciotola e portarlo a leggera ebollizione. Ridurre il calore a medio-basso e lasciar cuocere le fette d’arancia, girandole di tanto in tanto. Il composto dovrà diventare denso come una marmellata (circa 10-12 minuti di cottura).
Filtrare il confit con un setaccio a maglie fitte recuperando tutto lo sciroppo (vedi come si potrà utilizzare nelle Note).

2 Preparare l’impasto: Versare nella ciotola della planetaria l’acqua fresca, sbriciolarvi il lievito fresco con le dita in modo che si sciolga uniformemente. (se si utilizza il lievito secco, basta versarlo nell’acqua e mescolarlo con una forchetta finché sarà sciolto).
Aggiungere le uova, la farina, la panna acida, lo zucchero, il sale e il burro.

3 Montare il gancio a uncino e impastare a bassa velocità, fermando il mixer e incorporando gli ingredienti o l’impasto se la pasta dovesse arrotolarsi sul gancio o se restassero sul fondo della ciotola degli ingredienti secchi. (io ho impastato tutto a mano fino ad ottenere un impasto liscio e morbido).
Impastare per circa 2 minuti,

4 aumentare la velocità e impastare tutto per altri 4 minuti fino ad ottenere un impasto liscio.
Potrebbe essere necessario aggiungere un po’ d’acqua se l’impasto risultasse troppo secco, o un po’ di farina se risultasse troppo molle.

5 fase dello stretch and fold
Infarinare leggermente il piano di lavoro e trasferire l’impasto dalla ciotola della planetaria alla superficie infarinata.
Stendere l'impasto allontanandolo da sé con i palmi delle mani in un solo colpo. Quindi afferrare pizzicando la parte anteriore e tirarla verso di sé fino a quasi far strappare leggermente l'impasto, quindi ripiegarlo su sé stesso. Dare un quarto di giro all'impasto e ripetere la sequenza di stendere, afferrare, far strappare, ripiegare. Dopo il quarto giro  avrete ottenuto un bell'impasto rotondo.

6 tritare 100 gr di confit d’arancia (il resto può essere conservato con lo sciroppo rimanente in un contenitore ermetico e utilizzato per altri prodotti da forno come muffin, torte o pane). Usare una spatola per incidere sull’impasto dei profondi solchi con schema a scacchiera facendo attenzione a non tagliare la fasta fino in fondo. Cospargere la parte superiore dell’impasto con il confit di arancia e i pezzi di cioccolato e con la spatola praticare dei tagli e ripiegare l’impasto su se stesso. Continuare ai incidere e a ripiegare per mescolare gli ingredienti. Non si dovrà ottenere un impasto ben mescolato, ma granuloso.

NOTA: se si vogliono aggiungere all’impasto noci, frutta secca, cioccolato, olive, formaggio, verdure grigliate o ogni altro ingredient extra la pasta di pane, la giusta proporzione è del 20% del peso della pasta. Una volta finito di impastare, l’impasto va pesato così da poter calcolare l’esatto peso del ripieno.

7 lievitazione dell’impasto:
Spolverare leggermente con della farina una ciotola, sistemarvi al suo interno l’impasto e spolverare con la farina anche la superficie. Coprire la ciotola con un panno da cucina pulito o con della pellicola trasparente. Lasciar lievitare l’impasto a temperatura ambiente finché il suo volume non sarà aumentato del 70%, per circa 40 minuti (il tempo di lievitazione può variare dalla temperatura della stanza: un impasto posto in una stanza calda, lieviterà più in fretta di un impasto messo a lievitare in una stanza fredda).

8 Dividere l’impasto:
Staccare delicatamente l’impasto lievitato dalla ciotola usando una spatola e disporlo su di un piano di lavoro leggermente infarinato (fare attenzione a non sgonfiare l’impasto).
Dividere l’impasto in 9 parti uguali utilizzando un coltello o la spatola (se si vuole essere precisi si può suddividere l’impasto utilizzando una bilancia da cucina. Ogni porzione deve pesare circa 200 gr per  3  pani  da 600 gr  più un paio di piccoli panini. Se non si vogliono fare i panini si può fare una pagnotta più grande. L’impasto può essere anche intrecciato secondo il tradizionale metodo del pane Challah nel caso si possedesse  solo uno stampo per cuocerlo)

9. Dare la forma
Rivestire tre stampi rettangolari (23x13 cm) con carta da forno imburrata.
Prendere i pezzi di pasta, ripiegare gli angoli verso il centro, ripiegare l’impasto e formare una pallina.
Ripetere con tutti i pezzi di impasto.
Riprendere il primo pezzo di impasto e mettendo la mano a coppa, e lavorando con un movimento circolare premere e tirare l’impasto fino a formare una pallina con la chiusura rivolta verso il basso. Ripetere con i restanti pezzi di impasto.
Riporre in ogni stampo foderato e imburrato tre palle di impasto e coprire con pellicola trasparente e lasciar lievitare per 35-40 minuti fino al raddoppio del volume.

10 Verificare la lievitazione:
Trascorso il tempo di lievitazione eseguire il seguente test: con un dito premere leggermente l’impasto e osservare se e come il solco si mantiene. Se resta un solco profondo circa la metà di quanto si è premuto, l’impasto ha lievitato sufficientemente, se invece il solco scompare totalmente, l’impasto necessita di un’ulteriore lievitazione.

11 Preriscaldare il forno a 220°C

12 Cuocere la challah
Preparare il composto da spennellare sulla superficie (egg wash) sbattendo l’uovo, l’ acqua e il sale.
Spennellare la superficie dell’impasto e cuocere fino a doratura (circa 10 minuti).
Togliere il pane dal forno, farlo raffreddare completamente, rimuoverlo dallo stampo, affettarlo e servirlo.


Nota: l’impasto è sufficiente per 3 pani. In alternativa si possono seguire le istruzioni per il Challah intrecciato o del Challah Rolls.

Nota: lo sciroppo avanzato può essere utilizzato per spennellare i babka o altri panini dolci una volta sfornati. È delizioso anche aggiunto al tè caldo.

Congelare la challah: se si desidera congelare uno (o più) pani già cotti, avvolgere la challah cotta nella pellicola trasparente,  poi in un foglio di alluminio e posizionare il tutto in un sacchetto da freezer di dimensioni adeguate richiudibile.
Quando si vuole servire la Challah, rimuovere la pellicola trasparente, riavvolgerla in un foglio di alluminio e riscaldare a 150°C  fino a quando il pane è completamente riscaldato, togliere il foglio di alluminio per gli ultimi 1 o 2 minuti al fine di rendere croccante la crosta.



Osservazioni
  • Ho utilizzato tutto il confit d’arancia perché 100 gr mi sebravano un po’ pochi rispetto alla quantità di cioccolato e volevo che si sentisse perché è delizioso. L’ho tritato con un frullatore ad immersione lasciando i pezzi abbastanza grossolani.
  • Con questa ricetta sono usciti: un pane bello grande, una treccia, e 8 panini grandi circa come una rosetta. La prossima volta ridurrò le quantità dividendo per tre.
  • I tempi di cottura: i panini cuociono effettivamente in 10 minuti, ma il pane e la treccia dopo 10 minuti risultavano ancora crudi all’interno. Ho coperto con un foglio di alluminio e ho fatto cuocere altri 15 minuti. La prossima volta proverò a cuocere l’impasto coperto con un foglio di alluminio per 15 minuti e lo scoprirò per i restanti 10 minuti di cottura. La temperatura secondo me è troppo alta, si sono colorati subito e temendo si bruciassero ho abbassato il calore a 200°C….ma questo forse dipende dal mio forno.
La ricetta è assolutamente
PROMOSSA!!!

Contributo di Veronica Riccadonna del blog La mia cucina felice.

giovedì 23 febbraio 2017

CHALLAH AND BLACK TIE CHALLAH


Ecco il contributo della Redoner Manuela Valentini del blog ..... profumi e colori.....

Questo mese ho il grande onore d’essere qui a parlarvi di una ricetta del libro Breaking Breads di Uri Scheft.

Un libro che mi ha conquistato immediatamente, non possiamo parlare di ricette, per me sono culture e preparazioni nate dall’esperienza, dai suggerimenti che si fondono per creare pani che sono delle poesie, da dove scaturisce l’amore dell’autore per i lievitati.

Il mio inglese è molto elementare ma non ho potuto non leggermi la sua introduzione al libro, di cui riporto solo un paio di note perché poi il post sarà lunghissimo

Lui parla di devozione verso il pane nata da bambino osservando la madre e provando, questo l’ha portato a capire come siano moltissime le variabili che influiscono sull’arte del pane e fra questa importante è anche la manipolazione umana.

Il pane come ci dice Scheft è antico è nato prima di elettricità, mixer e termometri, per un grande pane servono solo farina, lievito, acqua, sale e le mani. Non c’è motivo per non fare il pane, il pane è estremamente tollerante e versatile bisogna solo imparare ad osservarlo perché il lievito è vivo e ci saprà stupire, bisogna solo esserne orgogliosi e condividerlo.

Il pane che mi ha subito conquistato e che vi propongo è la Challah, un pane molto simbolico ma che ha in se l’amore per i lievitati di Scheft e come dice l’autore può essere la tela dove poter esprimere la propria creatività, ma prima bisogna imparare a conoscere l’impasto perché i fondamentali sono importanti.


CHALLAH AND BLACK TIE CHALLAH
da: Uri Scheft - Breaking Breads – Artisan

È una dose per 3 Challah, io ne ho fatti due terzi per ottenere due Challah, una l’ho lasciata al naturale per vedere gli intrecci mentre l’altra ho preparato la variante Black Tie Challah (in fondo al post)

CHALLAH
Dosi per 3 Challah da 550gr (dosi per 2 Challah)





Per impasto

400 gr (per me 225gr) acqua a temperatura ambiente
40 gr (per me 25 gr) lievito di birra fresco
1 kg (per me 665 gr) farina bianca setacciata ( 11,7% proteine)
2 uova grandi (per me 2 uova piccole)
100 gr (per me 65 gr) zucchero semolato
15 gr (per me 10 gr) sale fino
75 gr (per me 50 gr) olio di girasole

Per lucidare e decorare
1 uovo grande (io medio ed è sufficiente)
1 cucchiaio acqua
1 pizzico sale fino
60 gr nigella, papavero o semi sesamo (o misto)

Preparate impasto  
1. Versate l’acqua fresca nella ciotola dell’impastatrice con il gancio per il pane. Sciogliete nell’acqua il lievito aiutandovi con una forchetta o con le dita, quindi aggiungete la farina, uova, zucchero, sale e olio.

2. Mescolate a bassa velocità per unire gli ingredienti, fermando l’impastatrice se l’impasto si aggrappa al gancio e se serve pulire i lati della ciotola. Dovrebbero bastare due minuti per vedere amalgamati gli ingredienti, se l’impasto risulta troppo secco aggiungete un cucchiaio d’acqua, se al contrario è troppo morbido aggiungete un pizzico di farina
 

Nota: è importante sentire l’impasto per poter aggiungere acqua o farina, ed è meglio farlo in questo momento quando siete all’inizio della miscelazione, se si aggiungesse alla fine del processo ci vorrebbe più tempo per amalgamarlo e correreste il rischio di lavorare troppo l’impasto

3. Aumentate la velocità e impastate fino ad avere un impasto liscio, serviranno circa 4 minuti

Stirate e ripiegate la pasta
4. Trasferite l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinata, prendete l’impasto e allontanatelo da voi spingendolo con un colpo solo con i palmi della mano, quindi ripiegatelo su se stesso a metà dell’impasto. Girate l’impasto di un quarto di giro e ripetete questo allungamento e piega per circa 1 minuto.
Poi usando le mani spingete e tirate la pasta per creare una palla uniforme e liscia.

Fate lievitare
5. Spolverate leggermente una ciotola con la farina, trasferite la palla d’impasto appena creata e coprite con della pellicola poi lasciate lievitare a temperatura ambiente fino a quando sarà cresciuta del 70%, ci vorranno circa 40 minuti. La lievitazione dipende molto dal caldo dell’ambiente e in funzione a quello potrà rallentare o accelerare.

Dividete l’impasto 
 6. A lievitazione avvenuta trasferite delicatamente l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinata, tirate leggermente l’impasto per formare un rettangolo.
Dividete l’impasto, aiutandovi con un raschietto, in 3 (per me 2) strisce orizzontali uguali potete anche usare una bilancia per pesare ogni pezzo.
Poi dividete ogni pezzo trasversalmente in 3 parti uguali, si ottengono così in totale 9 pezzi (per me 6)

Formate l’intreccio  
7. Mettete un pezzo di pasta longitudinalmente sulla spianatoia, appiattitelo con il palmo della mano otterrete così un rettangolo piatto. Piegate il rettangolo a metà sovrapponendo i due lati, schiacciate ancora con i palmi e ripiegate, ripetete ed otterrete un cilindro lungo circa 14cm.
Mettete da una parte e ripetete il procedimento con gli altri pezzi

8. Prendete il primo pezzo di pasta lavorato ed utilizzando entrambe le mani fate rotolare l’impasto spingendolo avanti e indietro sulla spianatoia fino a formare una lunga corda di circa 35cm con le estremità assottigliate.
Procedete con tutti gli altri pezzi


Nota: per poter lavorare bene l’impasto e creare agevolmente le corde è importante che la spianatoia non sia troppo infarinata e come consiglio personale aggiungo che si lavora meglio con le mani leggermente umide.

9. Quando tutte le corde saranno pronte infarinatele leggermente, questo permetterà ai fili della treccia di rimanere un po’ separati senza fondersi assieme durante la cottura.
Prendete 3 corde, unitele ad un’estremità anche con l’’aiuto di un piccolo peso. Prendete ogni pezzo sollevatelo per iniziare ad intrecciare, cercate che la treccia sia più corta che lunga, può essere più grossa al centro e più affusolata nelle estremità.
Ripetete con gli altri pezzi.
Trasferite la challah su una placca con carta da forno, coprite e fate lievitare fino a quando saranno raddoppiate circa 40 minuti, ma dipende dal calore dell’ambiente.

10. Riscaldate il forno a 210° (per il mio forno 200°)

Prova lievitazione 
11. Quando la challah sarà quasi lievitata e visivamente quasi raddoppiata fate la prova lievitazione.
Con un dito premete leggermente l’impasto e guardate la depressione creata:
  • se si riempie a metà l’impasto è perfetto e va cotto
  • se si riempie velocemente l’impasto deve lievitare ancora un po’
  • se si sgonfia leggermente l’impasto è lievitato troppo e sarà meno soffice dopo la cottura
Cuocete la Challah 
 12. Per lucidare mescolate l’uovo con l’acqua e il sale quindi con delicatezza spennellate la challah uniformemente, poi potete decorare a piacere con i semi

13. Cuocete in forno per circa 25 minuti, se cuocete più placche a metà cottura invertitele.


BLACK TIE CHALLAH



1 parte di impasto della Challah da 550gr (metà di quello che ho preparato)

È una Challah che ha una treccia decorativa longitudinale in rilievo, è un pane speciale dove diventa evidente l’uso dei semi

Prendete un pezzo da 550gr di impasto Challah come nel punto 6 della ricetta sopra descritta.
Togliete dal pezzo di pasta 50gr e metteteli da parte.
Dividete i 500gr rimasti in tre pezzi più piccoli e lavorateli appiattendoli, piegandoli e rotolandoli come spiegato ai punti 7 e 8 della ricetta appena descritta.
 
Ripetete queste operazioni anche con il pezzo di pasta da 50gr dividendolo in 3 parti, per poi appiattitele, piegatele e creare 3 corde sottili da circa 30cm.

Lasciatele riposare qualche minuto coperte quindi allungate ogni corda fino a 50cm circa, infarinatele leggermente e formate la trecce.



Formate le corde anche con i pezzi maggiori e create la trecce.
Con l’uovo preparato per la lucidatura, come descritto al punto 12, spennellate molto bene la treccia sottile che poi immergerete con il lato con l’uovo a contatto coi semi di papavero che avrete preparato in una lunga striscia su della carta forno.
Spennellate anche la treccia grande con l’uovo e poi appoggiate longitudinalmente sulla sommità la treccia sottile prestando attenzione che il lato coi semi di papavero siano sopra, le estremità della treccia sottile possono essere messe entrambe sotto, ma è bello lasciarle anche un po’ sciolte a ventaglio (dando alla gente qualcosa di cui parlare suggerisce Scheft).
Rivestite la parte di Challah senza semi con abbondanti semi di sesamo bianco.
Seguite il punto 9 per la lievitazione e poi cuocete.
Sfornate Challah e gustatelo in compagnia, pezzettino dopo pezzettino svanirà, sia esso al naturale o con i semi.



Note di Scheft sulla Challah
  • È un impasto che potrebbe essere fatto anche sostituendo l’olio con il burro e sarà più soffice, ma per rispetto verso i proprio clienti lui lo fa con olio.
  • L’impasto Challah quando si spezza dovrebbe separarsi come zucchero filato, questo si ottiene solo con un buon impasto. È importante per questo avere un glutine che non abbia sviluppato tutta la sua forza come in altri pani, impastare come descritto non serve la prova velo.
  • Quando si forma il pane, qualsiasi forma si voglia usare non stringere troppo gli intrecci questo permette una buona lievitazione
  • La cottura è fatta a forno alto così si forma subito la crosta che permette la sigillazione dell’umidità del pane.
Note personali prima del verdetto
Scheft suggerisce che con questo impasto ci si può dare spazio alla propria fantasia per creare nuove forme di pane da condividere, ma prima bisogna imparare a conoscere l’impasto. Trovo molto importante questa sua affermazione che ci stimola a mettere le mani in pasta, io su questo non ho avuto difficoltà perché non avendo l’impastatrice impasto quasi tutto a mano, mi aiuto solo con una vecchia macchina del pane per i primi due minuti ma solo per unire gli ingredienti.
Lui è uno che ama lavorare sentire l’impasto sotto le mani e lo si capisce da ogni sua nota, la macchina la usa solo come aiuto ma è lui l’artefice e come aggiunge in un punto di presentazione del libro siamo noi che dobbiamo domare l’impasto e non il contrario.
Questo impasto è meraviglioso e si lascia lavorare perfettamente, suggerirei solo se si uniscono gli ingredienti con la planetaria di stare attenti ad aggiungere un po’ lentamente l’olio perché essendo molto liquido (rispetto ad un’aggiunta di burro) aggiungendolo tutto assieme si fatica un attimo ad assorbire, ma eventualmente basta lavorare un attimo a mano e in poco tempo si ha un impasto perfetto.
Ultimo appunto generalmente noi a casa il pane lo tagliamo, lo spezzo solo quando lo mangio per strada, ma con la Challah ho capito la poesia di spezzare il pane a tavola, il gusto è delizioso sembra un pane diverso e per esserne certa l’ho anche assaggiato a fettine, quindi quando lo farete spezzatelo.



Forse l’avete già capito per questo non posso che confermare
la ricetta o meglio questa poesia di preparazione è assolutamente

PROMOSSA


mercoledì 22 febbraio 2017

MALAWACH



Leggere la ricetta e volerla realizzare è stato tutt'uno.
E no, non perchè invece del lievito di birra c'è quello per torte salate che potrebbe far pensare ad una ricetta tutto sommato veloce.
Assolutamente no.
Impasta, piega, riposa, forma, riposa ancora.
E il burro.
Tanto burro.
Una specie di pane sfogliato che è una roba indescrivibile, ed anche l'autore del libro dice che solo pronunciarne il nome faccia venire ad un Israeliano l'acquolina in bocca.
Il mio augusto consorte, a bocca piena per il non riuscire a fermarsi, ha detto che non solo è buono.
Ma specialmente è buono perchè...multistrato.
La ricetta è nata in Yemen, in realtà, e da Israele è stata poi adottata.
Vivo curiosamente proprio in mezzo a queste terre che nella mia cucina si sono quindi incontrate :)


MALAWACH
per 8 pezzi


per l'impasto
un kg di farina 00 setacciata con 11,7% di proteine
50 g di zucchero semolato
20 g di sale fino
4 g di lievito per torte salate (baking powder)
630 g di acqua
270 g circa di burro, molto morbido

per la salsa piccante Z'hug (qui la versione rossa)
700 g di peperoncini rossi freschi tagliati a metà per il lungo
15 spicchi d'aglio
150 g circa di foglie di coriandolo fresco
un cucchiaino e mezzo di sale
un cucchiaino e mezzo di cumino
un cucchiaino di cardamomo in plvere
un cucchiaino di coriandolo secco
un cucchiaino di pepe nero
225 g di olio extravergine d'oliva

per servire
2 pomodori molto maturi
sale fino
Z'hug (verde o rossa) a piacere


Preparare la z'hug: ho scelto la versione rossa. Mettere in un frullatore o robot da cucina i peperoncini, l'aglio, il coriandolo fresco ( io prezzemolo, scusate: il coriandolo è una dei pochi cibi che non sopporto) e frullare fino alla consistenza più liscia possibile, fermando il frullatore per spingere il composto verso le lame.
Aggiungere le spezie e con le lame in funzione aggiungere l'olio a filo.
Trasferire in un barattolo e tenere in frigo per un massimo di due settimane.

Preparare la salsa per servire: tagliare i pomodori a metà e grattugiarli su una grattugia a fori larghi finchè rimane in mano la buccia che va scartata. Unire del sale a piacere.

Preparare l'impasto: mettere farina, zucchero, sale e lievito in una ciotola e mescolare con una mano.
Versare circa 160 g di acqua nella ciotola facendola scorrere sopra il dorso dell'altra mano in modo che la disperda senza cadere tutta nello stesso punto. Cominciare ad amalgamare e a poco a poco unire il resto dell'acqua, quindi impastare nella ciotola sollevando e rigirando l'impasto finchè risulterà omogeneo, circa 4 o 7 minuti.
Coprire la ciotola con pellicola e far riposare a temperatura ambiente per 10 minuti.

Dividere ora l'impasto in palline. Imburrare un piatto ed anche le mani e l'impasto stesso, quindi afferrarne un angolo strizzandolo tra l'indice e il pollice in modo da ricavare una pallina.
Porre il pollice al centro della pallina e raccogliere i lati attorno allo stesso per dare una forma circolare e mettere a riposare sul piatto imburrato con la chiusura verso il basso.
Procedere allo stesso modo fino ad avere otto palline che andranno fatte riposare per 10 minuti coperte con un panno da cucina.

Ora imburrare il piano di lavoro e appoggiarci una delle palline. Spalmare il burro sulla pallina con le mani e cominciare a stenderlo e tirarlo fino ad ottenere un quadrato da circa 50 cm di lato molto, molto sottile. Se si rompe, usare più burro ma qualche buco è ok.
 Piegare un lato del quadrato verso il centro ed imburrarlo, quindi piegarci sopra l'altro ed imburrare anch'esso. Quindi partendo dal lato corto piegare un angolo verso il lato ad ottenere più o meno un triangolo, quindi fare lo stesso con l'altro angolo, continuando così fino a terminare la striscia e ottenere una specie di palla (in pratica è come se si stesse piegando una bandiera).
Ripetere con gli altri pezzi e mettere a riposare in frigo per un'ora coperti con pellicola.



Infarinare il piano di lavoro quindi prendere l'impasto dal frigo. Stendere ogni pezzo col mattarello in un cerchio di 25-30 cm e nel frattempo scaldare su fuoco medio/basso una padella a fondo spesso (sarebbe ideale un testo) che possa contenere ogni piadina a misura.
Appoggiare il pane steso nella padella tirandolo leggermente e coprire subito con un coperchio.
Cuocere per circa 5 minuti, finchè la base comincerà a scurire. Girare e far cuocere sempre coperto anche dall'altro lato finchè il pane sarà gonfiato e scurito.
Far scivolare su un piatto e procedere allo stesso modo con gli altri pezzi.
Servire subito con la salsa preparate e lo z'hug a parte che andrà dosato a piacimento.



NOTE

- il pane in questione non è veloce, nonostante il lievito per torte salate e la cottura in padella, dati i molti passaggi dovuti alla formatura esatta dell'impasto che va ripiegato e steso seguendo le indicazioni per poter ottenere la sfogliatura che si può vedere in foto. Comunque non è complicato e la ricetta è illustrata da moltissime foto dei passaggi necessari.

- leggendo la ricetta mi aveva spaventato dover stendere la pasta così tanto sottile usando solo le mani e non il mattarello. E invece grazie al burro con cui è unto il piano di lavoro ci si riesce benissimo, che sorpresa! e che sollievo non dover preoccuparsi di qualche piccolo strappo qua e là dato che l'autore sottolinea come verrà eliminato dai vari passaggi di pieghe.

- come molti pani realizzati con gli stessi ingredienti questo da il meglio di sé il giorno stesso in cui è preparato. Il sapore quasi dolciastro dato dal burro è assolutamente irresistibile specie da tiepido.

- i pani stesi e preparati prima della cottura possono essere congelati, l'autore suggerisce infatti di realizzarne in grande quantità per poterne conservare. Ho congelato un pane per prova e l'ho cotto in un secondo momento, e devo ammettere che non c'è stata alcuna differenza con quelli cotti sul momento.

- la salsa z'hug è piccante, eccome! Dalle mie parti, ovvero in Medio Oriente,  sono accompagnamenti abbastanza comuni e se ne deve usare davvero poco. Con le dosi indicate ve ne viene per tutta l'armata rossa, per cui dimezzate tranquillamente ma non riducete troppo la dose o non si riuscirà a frullare bene il composto.
Qui vedete la versione rossa ma ne esiste anche una verde fatta, appunto, con peperoncini verdi ma il resto degli ingredienti rimane lo stesso.

la ricetta è quindi assolutamente 
PROMOSSA


martedì 21 febbraio 2017

SPELT AND MUESLI BUNS

Nella pasticceria danese o tedesca, i muesli sono un ingrediente piuttosto frequente nel pane.
Ma succede che essendo ricchi di semi o frutta secca, l'impasto non abbia una forma aggraziata, anzi sia piuttosto rustico e "massiccio" al suo interno.
La cosa piuttosto sorprendente di questi paninetti, è che nonostante la quantità di frutta secca e fresca, semi e farine integrali, risultano incredibilmente soffici anche ad uno o due giorni dalla preparazione.
Quando ho letto la ricetta, per altro senza immagine del risultato finale, mi sono molto incuriosita.
A mio favore ha girato il fatto che avessi tutti gli ingredienti in casa e che i tempi di preparazione non siano così impossibili.
L'autore invita a sostituire quegli ingredienti che non sono graditi con altri a proprio piacere.
Io ho sostituito i datteri con le albicocche ed ho omesso i semi di papavero a favore di un po' di granella di mandole.
Per il resto, la ricetta è tutta qui ed è perfetta per chi vuole un pane generoso con solo un'idea di dolcezza.
Ingredienti per c.ca 24 buns (920 g di impasto)

Per l'impasto al farro 
230 g di acqua a temperatura ambiente
50 g di semi di lino
20 g di lievito di birra fresco o 5 g di lievito secco attivo
250 g di Farina 00 con il 11,7% di proteine, setacciata
250 g di Farina integrale di farro
1 uovo grande
50 g di brown sugar
10 g di sale fino
45 g di Olio extravergine + extra per spennellare gli stampi

Per il ripieno di muesli
50 g di cranberries essiccati
50 g di datteri denocciolati, tritati grossolanamente (io albicocche secche)
50 g di nocciole tostate e spellate, tritate finemente
40 g di semi di sesamo tostati
35 g di semi di girasole non salati, tostati
30 g di semi di papavero
30 g di miele
1 mela verde, sbucciata e privata del torsolo, tagliata a piccoli pezzi
2 uova grandi
50 g di avena in fiocchi (io crusca d'avena)

Per lucidare
1 uovo
1 cucchiaio d'acqua
un pizzico di sale fino.

  1. Prepara l'impasto: Versa l'acqua nella ciotola della planetaria ed aggiungi i semi di lino. Lasciali a mollo per 30 minuti.
  2. Sbriciola il lievito nell'acqua ed usa le tue dita per scioglierlo. Se usi lievito secco, mescolalo nell'acqua. Aggiungi le farine, le uova, il brown sugar, il sale, l'olio. Inserisci il gancio ad L e mescola a bassa velocità per combinare gli ingredienti, fermando la macchina se l'impasto sale lungo il gancio o devi far amalgamare ingredienti secchi che sono rimasti in fondo alla ciotola. Stacca con una spatola il lati ed il fondo della ciotola se necessario. Dovresti avere bisogno di c.ca 2 minuti prima che l'impasto stia insieme. 
  3. Aumenta la velocità da bassa a media e continua ad impastare fino a che non si formi una palla morbida, per c.ca 4 minuti. Potresti avere necessità di aggiungere poca acqua se l'impasto ti sembra troppo duro o un po' di farina in caso sia troppo appiccicoso. 
  4. Stretch and fold (stira e ripiega) l'impasto: Infarina leggermente il piano di lavoro con una piccola quantità di farina ed aiutati con una spatola di plastica per trasferire l'impasto dalla ciotola al piano infarinato. Usa i tuoi palmi per spingere l'impasto lontano da te in un colpo, quindi afferra la parte vicino a te e stirala verso di te stracciandola leggermente. Ripiega il tutto sul resto dell'impasto. Dai all'impasto un quarto di giro e continua a ripetere gli stessi gesti per c.ca 1 minuti. Dopo questo tempo l'impasto dovrebbe avere la forma di una bella palla liscia. 
  5. Lascia lievitare l'impasto: Infarina leggermente una ciotola, sistema l'impasto infarinandolo leggermente sulla superficie quindi copri la ciotola con un canovaccio o con pellicola trasparente. Lascia la ciotola a temperatura ambiente e falla lievitare fino a quando non sarà al 70% della lievitazione (30 o 40 minuti c.ca  - dipende da quanto calda è la stanza),
  6. Incorpora la frutta secca, le noci ed i semi: Con delicatezza aiutandoti con una spatola di plastica, fai uscire l'impasto dalla ciotola sul piano di lavoro infarinato. Con un tarocco di acciaio incidi una scacchiera sull'impasto, senza però reciderlo fino in fondo, ma realizzando incisioni profonde. Versaci sopra i cramberry, i datteri, le noci i semi di sesamo, quelli di girasole e quelli di papavero, il miele e la mela a pezzetti. Rompi le uova sulla cima ed usa il tarocco per spezzettare l'impasto ripiegandolo su se stesso per mischiare gli ingredienti ed incorporarli. L'impasto non deve essere troppo lavorato ma restare piuttosto grossolano
  7. Dividi l'impasto e fai lievitare: ungi leggermente gli stampi per 12 muffin con l'olio e riempili con 50 g di impasto ciascuno. Cospargili di fiocchi d'avena e lascia lievitare lontano da correnti d'aria fino a che l'impasto non sia crescito fino al bordo degli stampi, da 45 minuti ad 1 ora. 
  8. Riscalda il forno a 185°. 
  9. Cuoci i buns: prepara l'uovo per la lucidatura sbattendolo con l'acqua ed il sale. Spennella delicatamente i buns e cuocili fino a che non saranno marrone dorato e toccandoli sulla base, non suoneranno a vuoto. Togliete gli stampi dal forno e lasciate raffreddare i buns per 5 minuti. Quindi toglieteli dagli stampi e fatteli raffreddare completamente su una gratella. 
NOTE PERSONALI
  • La ricetta è spiegata nei minimi particolari. Tutto fila alla perfezione fino a quando non si arriva ai punti 6 e 7 del procedimento. Si, perché quando vedrete la montagna di frutta, noci semi sull'impasto, avrete un piccolo moto di panico. Non diciamo poi quando si rompono le uova. Invece bisogna restare ben calmi e procedere esattamente come spiega l'autore, aiutandosi con il tarocco a sminuzzare e ripiegare su se stesso l'impasto, che piano piano incorpora frutta e semi. Ci vorranno 5/7 minuti c.ca e qualche ingrediente resterà comunque sparso sulla spianatoia. A questo punto dividete l'impasto, che sarà appiccicoso e morbido. Non tentate una pirlatura, perché è praticamente impossibile. Fate dei mucchietti di peso regolare e distribuite quei frutti, i pezzetti di mela, ecc, spingendoli nell'impasto.  
  • Non avendo 24 stampini per muffin, ho diviso il restante impasto in 3 stampi per mini cake come vedete in foto. Ne sono usciti dei bellissimi pani che si possono tagliare a fette e tostare per la colazione. 
  • Ero un po' scettica sul risultato finale perché l'impasto farcito mi sembrava troppo umido, colloso e ricco di frutta. Invece in cottura si alza che è una bellezza (grazie anche ad una discreta quantità di lievito, in effetti), e i pani sono davvero bellissimi anche a vedersi. 
  • Non sono muffin, non sono dolci. Sono panini a tutti gli effetti e mancano totalmente di dolcezza. Né la presenza del brown sugar che del miele o la mela, incidono sul sapore finale, che è rustico, semplice, per nulla grasso, con una croccantezza deliziosa data dalla presenza dell'olio. Io li ho provati con formaggi freschi tipo ricotta e stracchino, anche con del creme cheese e salmone. Devo dire che mi sono piaciuti moltissimo. 
  • Un consiglio è quello di tagliare la mela a pezzi molto piccoli. Non grattugiarla ma sminuzzarla al coltello. Sarà più facile incorporarla. 
  • Ho congelato i buns ed ho tenuto i minicake per il consumo di questi giorni. Li conservo in sacchettini di carta riposti in sacchetti di plastica e sono ancora belli morbidi.  E' scontato quindi che per me questa ricetta è 
PROMOSSA 

lunedì 20 febbraio 2017

RICOTTA STREUSEL BABKA

Ricotta streusel babka

Dopo ampia e argomentata discussione... Cominciano così molti verbali dei Consigli di Classe, a scuola, e così comincia questo post, a testimonianza dello spirito di gruppo e della visione collegiale che abbiamo noi dello Starbooks.
Il busillis era il seguente, stimolato anche da alcuni commenti dei nostri lettori: che senso ha che io, che faccio solo ricette senza glutine, recensisca delle ricette dove il glutine ha un ruolo fondamentale, ad esempio lievitati e certi tipi di dolci? Ovviamente un pollo arrosto non ha glutine, ma anche una torta soffice, che pure ne ha, può essere realizzata mantenendo sostanzialmente inalterata la ricetta, a patto di sostituire la farina prevista con il giusto mix di farine e amidi. Per i lievitati le cose non vanno così, la ricetta va modificata in modo sostanziale, non foss'altro perché cambiano radicalmente le quantità dei liquidi, e speso anche di grassi, cambiano i tempi di cottura... Insomma, cosa si va a recensire, in un caso del genere? L'abilità della sottoscritta a "sglutinare" una ricetta. In realtà una persona esperta di cucina senza glutine sa dove mettere le mani, ed è in grado di valutare anche la ricetta glutinosa, sia pure indirettamente.
Per essere fedeli al massimo allo spirito dello Starbooks, abbiamo convenuto che in questi casi la cosa più sensata era non tanto valutare la ricetta di lievitato in quanto tale, ma la riuscita dei condimenti, dei ripieni e delle varianti. Breaking breads è perfetto da questo punto di vista: alcuni impasti di base, molte varianti. Così ho sglutinato la Basic Babka dough, che aveva già proposto in versione glutinosa, con tutte le osservazioni del caso, la Patty con la Famous chocolate Babka, ma vi propongo un altra versione, quella di una specie di torta ripiena di ricotta e con una finitura di streusel.
Questa non è frutto solo dell'inventiva del nostro autore, in realtà esiste tutta una tradizione di tedescherie, come le chiamava l'Artusi, fatte proprio così: impasto briosciato basso come base, farcia e copertura con streusel.  Una versione molto diffusa di questo tipo di torte è il Pflaumen Streusel, che avevo già a suo tempo provato e apprezzato (era un classico della mia infanzia), un'altra altrettanto conosciuta prevede una crema al caffé (Cream cheese coffee cake), insomma, non abbiamo che l'imbarazzo della scelta.
Il nostro autore ce la propone con una crema a base di ricotta aromatizzata al limone, un classico dei classici.
Come è andata? Se devo giudicare solo la farcitura, direi bene. Quindi diciamo pure bene. Però qualche appuntino sull'impasto e soprattutto le tecniche di cottura lo farei. Anzi, lo farò.


Ricotta streusel babka


Ricotta Streusel Babka

Ingredienti 
(Per una teglia da 21 X 33 cm )

Per l'impasto
45 g (3 cucchiai) (io 100 g) di latte intero
¼ di cucchiaino di estratto di vaniglia
10 g (io 5 g) di lievito di birra fresco oppure 3 g di lievito di birra secco
180 g di farina + altra per lo spolvero e per infarinare (io Preparato senza glutine speciale per dolci fritti Molino Dallagiovanna)
1 uovo
25 g (2 cucchiai) di zucchero
45 g (3 cucchiai) (io 30 g) di burro
1 pizzico di sale

Per lo streusel
75 g di zucchero
175 g di farina per dolci (io 65 g di farina di mais + 110 g di farina finissima di riso)
120 g di burro

Per il ripieno alla ricotta
300 g di ricotta
75 g di sour cream (panna acida)
35 g (3 cucchiai) di zucchero
½ baccello di vaniglia oppure 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
20 g di amido di mais
la buccia grattata di mezzo limone non trattato

Preparate l'impasto
Mescolate il latte e l'estratto di vaniglia in una terrina ampia. Sciogliete il lievito nel latte mescolando con una forchetta.
Nell'ordine, unite la farina, l'uovo, lo zucchero, il sale e infine 30 g di burro in piccoli pezzi.
Iniziate ad impastare direttamente nella ciotola, tirando su l'impasto lungo i bordi della ciotola e ripiegandolo al centro. Quando si è tutto ben amalgamato e non restano più grumi di farina, rovesciate l'impasto sulla spianatoia leggermente infarinata ed impastate finché è diventato morbido, omogeneo ed avrà ottenuto una buona elasticità: ci vorranno 8-10 minuti.
Fate la palla, infarinate leggermente la ciotola, metteteci la palla, coprite con la pellicola e fare riposare per 30 minuti, quindi toglietela dalla ciotola, schiacciatela dandogli la forma di un rettangolo spesso circa 2,5 cm e mettetelo in frigorifero avvolto nella pellicola (da 1 ora a 24 ore).


Preparate lo streusel
Mescolate zucchero e farina in una ciotola. Unite il burro in piccoli pezzetti e, con la punta delle dita o con un tarocco, incorporate il burro negli ingredienti secchi, fino ad ottenere un insieme di briciole fini. Coprite la ciotola con la pellicola e mettete in frigorifero.

Preparate il ripieno di ricotta

Mescolate in una ciotola tutti gli ingredienti (ricotta, panna acida, buccia di limone grattata, i semini di ½ baccello di vaniglia, amido di mais e zucchero). Coprite con la pellicola e mettete in frigorifero fino al momento di farcire la babka.


Ricotta streusel babka

Preparate la babka
Con i 15 g di burro rimasti, imburrate una placca per dolci (20 X 30 cm) (Io invece ho usato la carta forno, quindi non ho avuto bisogno di imburrare e ho saltato questo passaggio) Togliete l'impasto dal frigorifero e dalla pellicola e appoggiatelo sul piano di lavoro leggermente infarinato. Stendete con il mattarello fino ad ottenere un rettangolo delle stesse dimensioni della vostra placca per dolci, e trasferitelo nella placca stessa, avendo cura di stendere bene l'impasto in modo che la ricopra uniformemente.
Aiutandovi con una spatola spalmate l'impasto con la farcia alla ricotta, cercando di ottenere uno strato uniforme.
Coprite con la pellicola, o inserite la placca in un sacchetto di plastica, e lasciate lievitare al calduccio, finché non si intravede, sotto lo strato di ricotta, l'impasto che ha fatto un po' di bolle. Ci vorrà circa un'ora.
Preriscaldate il forno a 165 °C.
Cospargete lo streusel sopra il ripieno alla ricotta, infornate e cuocete la babka è cotta e lo streusel è solo leggermente dorato (non deve diventare scuro), girando la teglia nel forno a metà cottura.
Ci vorranno dagli 16 ai 18 minuti.
Togliete allora la babka dal forno e lasciatela raffreddare completamente prima di cospargerla di zucchero a velo, tagliarla a quadretti e servirla.

NOTE
Mi sembra giusto in caso di libri stranieri mettere alcune note su ingredienti che potrebbero trarre in inganno.

Sour cream: è la panna acida. Prima praticamente introvabile da noi, adesso la trovo facilmente nella grande distribuzione.  

Cornflour: Si scrive farina di mais (flour) e si traduce amido di mais (che sarebbe più propriamente starch).

Estratto di vaniglia: non facilissimo da reperire dalle nostre parti, si può fare in casa mettendo in infusione per qualche mese alcuni baccelli di vaniglia in alcool alimentare. Oppure si può omettere usando zucchero vanigliato, sempre home made, realizzato mettendo alcuni baccelli di vaniglia nel barattolo dove si conserva lo zucchero. Rilasceranno allo zucchero il loro splendido profumo, disidratandosi via via.

Lievito di birra: si poteva usare sia quello fresco che quello disidratato. Io, sull'onda dei pain de mie della Mapi, mi sono buttata su quello fresco, però ne ho messo meno, la metà: 10 g di lievito di birra fresco su 180 g di farina mi sono sembrati davvero eccessivi. E comunque la quantità di lievito influisce soprattutto sui tempi di lievitazione: meno lievito, tempo di lievitazione più lungo. Ne ho tenuto conto durante la lavorazione.

Impasto: si tratta di un impasto diretto, senza pre-fermento, abbastanza semplice da realizzare anche in versione senza glutine, vista la moderata quantità di grassi prevista.  Ho semplicemente aumentato la quantità di latte e tutto il resto è andato come doveva andare.

Montaggio del dolce: lì per lì ero un po' perplessa sul fatto di fare l'ultima lievitazione con il dolce già interamente montato. Come avrei fatto a capire quando era arrivato il momento giusto di infornare? D'altra parte, dovendo spalmare la crema alla ricotta sull'impasto, se si fosse dovuta fare questa operazione dopo la lievitazione, ci sarebbe stato il rischio di sgonfiare l'impasto, perdendo così in sofficità e morbidezza della torta cotta, quindi ben venga spalmare prima, per mantenere la lievitazione.
n.d.r. editing del giorno dopo: in effetti un modo per stendere la crema sull'impasto già lievitato senza schiacciarlo ci sarebbe, e si chiama sac à poche. Mettete la crema nel sac à poche e sparatela sull'impasto già lievitato: così facendo si dovrebbe ottenere uno strato abbastanza uniforme. La prossima volta ci provo.

Farcia alla ricotta: non è molto dolce, si potrebbe forse aumentare un po' la quantità di zucchero. Io avevo una ricotta parecchio asciutta, e ho dovuto unire un po' di latte altrimenti non sarebbe mai venuto abbastanza cremoso. Peraltro nel procedimento non si dice di setacciare la ricotta, ma io preferisco sempre farlo, a meno che non si voglia espressamente ottenere una consistenza non omogenea e granulosa. Io avevo un limone piccolo, ho usato la scorza di tutto il frutto, non solo mezza, e ci voleva tutta.

Streusel: suggerisce di prepararlo usando o la punta delle dita o un tarocco. Io uso sempre la tecnica che mi insegnò tantissimi anni fa un amico inglese, per preparare l'apple crumble: tagliere di legno e mezzaluna. Così si può arrivare a briciole davvero fini fini senza bruciare il burro che, ça va sans dire (e infatti l'autore non lo dice, ma invece dovrebbe), deve essere freddo di frigorifero.


E dopo avervi tediato con tutte queste note tutto sommato di poco conto, passiamo alle vere criticità di questa ricetta

Sequenza di inserimento degli ingredienti: questo lo ha già spiegato benissimo Patty nel suo post, e vale anche, e forse a maggior ragione, per la versione senza glutine.  L'autore, dopo aver sciolto il lievito nel latte, ci fa inserire gli altri ingredienti dell'impasto sostanzialmente tutti insieme. Io invece avrei almeno inserito il burro, un po' ammorbidito, dopo che l'impasto è diventato lucido e omogeneo (per me) o incordato (per l'impasto glutinoso). L'altra cosa che io ho fatto, è usare la planetaria perché un impasto ricco come questo senza glutine a mano diventa un delirio, visto quanto è appiccicoso. 

Tempo e temperatura di cottura:  dice di cuocerlo a 325 F (ovvero circa 165 °C) per 16-18 minuti. Per me sono valori che hanno entrambi poco senso. 165 °C  è una  temperatura di cottura da Pan di Spagna, non da lievitato! Io opterei per 180° C almeno, ma anche 190 °C, altrimenti come fa a lievitare? Soprattutto poi se il tempo di cottura è così ridotto. Questo può essere un tempo di cottura da dolcetti di piccole dimensioni, ma una torta coperta con una farcia quindi da uno streusel, non ce la farà mai a cuocere in 16 minuti, secondo me. Sicuramente non la versione senza glutine, che dopo un quarto d'ora in forno a quella temperatura sembrava appena infornata. E infatti dopo un quarto d'ora ho alzato la temperatura  a 190 °C, ed è stata dentro altri 25 minuti buoni buoni. 
Nel mio esperimento che la temperatura iniziale non fosse quella giusta si vede bene, soprattutto se si osserva l'alveolatura, troppo compatta.
Ricotta streusel babka


Fatte queste premesse, il risultato finale, sicuramente perfettibile per quel che riguarda l'alveolatura, è buono. La base è, malgrado tutto, parecchio soffice, la crema alla ricotta davvero profumata, lo streusel, che forse avrei preferito un po' più colorito,  è molto gradevole e crea un piacevolissimo contrasto. Insomma, malgrado tutte le mie osservazioni, la ricetta è

PROMOSSA

venerdì 17 febbraio 2017

PAIN DE MIE


Se la splendida immagine di copertina del libro che stiamo recensendo questo mese non fosse stata abbastanza invitante, il titolo avrebbe comunque fatto il resto, per me. Breaking Breads, spezzare il pane. Un'espressione che si riferisce a qualcosa di molto semplice, quotidiano. Nel mondo ebraico in particolare, è compito del padrone di casa spezzare il pane dopo una preghiera e distribuirlo tra i commensali, sia durante i pasti familiari, sia in occasione di pasti di carattere rituale, come la sera della Pesach. Già nel pasto quotidiano lo spezzare il pane ha un doppio significato: è allo stesso tempo un gesto di condivisione e di unione. In virtù del pane condiviso, la comunità a tavola diventa una: tutti mangiano dello stesso pane. La condivisione è un gesto di comunanza, di donazione, che rende partecipi della famiglia anche gli ospiti.

E di condivisione profonda parla Uri Scheft nel suo libro, fin dall'introduzione, quando ci racconta che ha voluto raccogliere e riunire le tradizioni dei suoi familiari, inclusi quelli acquisiti, e di amici e più in generale cucine di tutti i Paesi dove ha lavorato; mi fermo qui perché quella pura poesia che è il post introduttivo di Alessandra racconta il mio entusiasmo e la mia gioia nell'affrontare questo libro, meglio di quanto non potrei fare io stessa.

Ero quasi dispiaciuta di avere optato per una ricetta semplice come i panini al latte, ma confesso che in questo periodo il lavoro mi impegna particolarmente, così per una volta ho pensato di vincere facile. Evidentemente però non ero destinata ad avere alcun rimorso al riguardo, perché ho rifatto questa ricetta 4 (q u a t t r o) volte, prima di ottenere il risultato che vedete in foto. Vi dirò di più: se avessi avuto tutti questi problemi quando ero all'inizio della mia avventura panificatrice, mi sarei arresa. Sì, perché prima di ottenere dei bei panini gonfi, soffici e alveolati, sono passata per ben tre fasi molto frustranti.


Sissignori, quella ciofeca piatta e mappazzosa che vedete in basso è uscita dal mio forno non una, ma tre volte, nonostante avessi apportato via via delle modifiche.

Se non mi sono fermata al primo tentativo, è stato perché volevo essere assolutamente sicura che l'errore fosse mio, e non della ricetta. Noi Starbooker non bocciamo mai una ricetta alla leggera, il confronto tra noi è costante e continuo, e così è stato per me con questi panini.

La prima cosa che ho fatto, dopo aver sfornato i primi mappazzini al latte, è stata correre a consultare il mio fido Calvel per verificare che le proporzioni tra ingredienti fossero corrette, esattamente come avevo fatto per i panini all'olio di Cracco. Questa volta le proporzioni c'erano, tranne che per i liquidi: Scheft consiglia un'idratazione al 40%, Calvel al 55%, ma per il resto siamo lì e anzi, Calvel usa più burro.

Vero è che nell'introduzione Scheft dice che la farina assorbe più o meno acqua a seconda delle condizioni ambientali, ma chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la panificazione sa, già leggendolo sulla carta, che un'idratazione al 40% è assolutamente insufficiente, specialmente con una farina abbastanza forte come quella che usa lui, all'11,7% (già al 12% si parla di farina di forza, vedete un po' voi). Lui la chiama All Purposes Flour, farina per tutti gli usi, che in italiano equivarrebbe alla nostra 00, ma evidentemente negli States e in Israele usano delle farine più forti che da noi. Mi sono detta che forse Scheft considera il burro come un liquido, ma ho scartato subito questa ipotesi: se io, che non sono nessuno, so che il burro apporta tra il 18 e il 19% di liquidi (il che su 45 g siginfica 8-8,5 g di acqua), a maggior ragione lo sa un panificatore professionista come Scheft. Alla scarsa idratazione poi, si aggiunge l'uso del latte magro in polvere al posto del latte vero, che sottrae ulteriori liquidi all'impasto.
In ogni modo all'errore sull'idratazione - piuttosto grave, a dire il vero - si rimedia facilmente, aggiungendo altri liquidi nella prima fase di impasto.

Neppure io ero senza macchia, però: ho in casa del lievito disidratato che uso normalmente per il pane senza impasto di Lahey, e anche per queste ricette ho usato quello. Evidentemente stava cominciando a mostrare i segni dell'età, perché non è riuscito a dare al pane la giusta spinta: con tutto quel burro, c'era bisogno di un lievito più attivo; d'altra parte prolungare i tempi di lievitazione si è dimostrato disastroso, perché avrei dovuto farlo fin dall'inizio a una temperatura più bassa (come avviene per i pani senza impasto). A temperatura ambiente, anche un lievito infiacchito esaurisce presto le sue forze, il che si risolve nel disastro che ho fotografato sopra.

Mi sono anche posta il problema della forza della farina: le prime due volte avevo usato una 0 al 10,5%, la terza volta ho usato metà farina 0 e metà Manitoba al 13%. La quarta volta mi sono distratta: volevo fare ancora metà e metà, ma ho usato solo la 0 al 10,5%, eppure il pane è venuto perfettamente. Quindi il problema non era la farina.

La ricetta però contiene altri due errori, non di poco conto: la temperatura del forno (350 °F, pari a 177 °C) e il tempo di cottura (10 minuti). E quindi, se già un lievito poco attivo non era riuscito a fare un granché, temperatura e tempo di cottura hanno dato il colpo di grazia ai mappazzini.
Non che li abbia tirati fuori dopo soli 10 minuti, sia chiaro: erano pallidissimi e sono stati in forno mezz'ora. Questo tempo però, oltre ad averli coloriti pochissimo (nonostante fossero stati spennellati con l'uovo) ha contribuito a far evaporare altra umidità, rendendoli ancora più duri. Ottime armi improprie fatte in casa, insomma: se avessi l'abitudine di prendere le persone a sassate, questa settimana avrei potuto prenderli a paninate e i malcapitati non si sarebbero accorti della differenza.

Le cose sono cambiate quando ho:
-  usato del lievito di birra fresco
- aumentato la temperatura del forno a 195 °C
- allungato i tempi di cottura a 25 minuti.

Non vi dico il sollievo, dopo che al quarto tentativo i panini sono usciti dal forno come dovevano essere: dorati, morbidi e fragranti. Noterete che il sesamo è rimasto pallido: la prossima volta porto il forno a 200 °C e magari accorcio i tempi di cottura, portandoli a 20 minuti.

Tra parentesi e in corsivo le mie variazioni/annotazioni alla ricetta.

PAIN DE MIE - PANINI AL LATTE
Da: Uri Scheft - Breaking Breads - Artisan


Potete sostituire il latte in polvere con 75 g di latte intero, riducendo la quantità di acqua del quantitativo corrispondente. Uri Scheft

Calvel invece dice che talvolta il latte intero viene sostituito con latte magro in polvere. E a questo punto, perché non usare latte al 100%? Mapi

180 g di acqua a temperatura ambiente (io 250 g)
15 g di lievito di birra fresco, oppure 5 g di lievito di birra secco attivo
450 g di farina all'11,7% di proteine (va bene anche una al 10,5%, ma non usatene una più debole)
75 g di zucchero semolato
15 g di latte magro in polvere
7 g di sale
45 g di burro a temperatura ambiente
75 g di semi misti per decorare: nigella, sesamo, papavero, etc.

Per lucidare:
1 uovo grande (io medio, e già così me ne è avanzato un sacco)
1 cucchiaio di acqua
1 pizzico di sale


Preparare l'impasto: versare l'acqua nella ciotola della planetaria, unirvi il lievito e scioglierlo mescolando con le mani o con una frusta. Unire la farina setacciata un paio di volte, lo zucchero, il latte in polvere, il sale e il burro a pezzetti.
Montare la frusta a gancio e avviare l'apparecchio alla velocità minima per 1 minuto, in modo che gli ingredienti comincino ad amalgamarsi. Aumentare a questo punto la velocità a 1 e fare andare l'apparecchio per 2 minuti, quindi aumentare ancora la velocità (ho portato il mio Kenwood a 1,5, non osavo farlo andare più veloce) per 3 minuti.
Trasferire l'impasto sul piano di lavoro leggermente infarinato e cominciare a impastarlo tirando un angolo fino a quando non si strappa, e ripiegandolo verso il centro. Dare un quarto di giro e ripetere l'operazione. Continuare così per un minuto. Infarinare leggermente una ciotola (anche quella dell'impastatrice), adagiarvi la palla di impasto, spolverarla leggermente con altra farina, quindi coprire la ciotola con pellicola da cucina e far lievitare a temperatura ambiente per un'ora.
(A proposito di metodi di impasto, io sono cresciuta alla scuola delle Simili, che invece dicono di trattare con delicatezza l'impasto, altrimenti si strappano le maglie di glutine e l'anidride carbonica che si crea durante la lievitazione fuoriesce, anziché rimanere nell'impasto e gonfiarlo. La prima volta ho maltrattato l'impasto come dice Scheft, poi l'ho lavorato alla maniera delle Simili. Ecco come si presentavano i due impasti al termine della lavorazione, prima della lievitazione.)


Trascorso questo tempo, trasferire l'impasto sul piano di lavoro leggermente infarinato e dividerlo in 16 pezzi uguali (di 50 g l'uno). Lavorare ogni pezzo tirando leggermente gli angoli e ripiegandoli al centro, per creare una forma tondeggiante. Capovolgerlo in modo che le pieghe siano verso il basso, e aiutandosi con la mano a forma di coppa tirarlo e spingerlo sul piano di lavoro, creando una pallina. Cercate di avere la mano molto leggera con la farina sul piano di lavoro, altrimenti sarà molto difficile fare in modo che l'impasto si formi in una pallina molto stretta. (Ecco, secondo me uno dei problemi dei mappazzini è stato proprio il fatto che la pallina doveva essere stretta, cioè le maglie di glutine dell'impasto dovevano essere arrotolate strettamente. Al mio quarto tentativo sono stata molto più soft, limitandomi alla prima fase della lavorazione, ma senza rotolare i pezzetti di impasto sul piano di lavoro.)
Le palline di impasto del 4° tentativo: non le ho arrotolate strettamente come vuole Scheft

Coprire con un canovaccio pulito e far lievitare a temperatura ambiente per una o due ore.

Preriscaldare il forno a 180 °C (195 o 200, non di meno!!!).

Rompere l'uovo in una ciotola e sbatterlo con una forchetta insieme all'acqua e al sale. Spennellare i panini, poi cospargerli con i semi scelti e infornarli finché non siano dorati e belli gonfi, da 8 a 10 minuti (da 20 a 25!!!). Toglierli dal forno e farli raffreddare un poco prima di servirli.



OSSERVAZIONI

Scheft insiste che gli ingredienti siano inseriti nella ciotola esattamente nell'ordine da lui elencato. Io faccio il pane dal 2004 e francamente se una ricetta è equilibrata riesce, indipendentemente dall'ordine in cui si inseriscono gli ingredienti. Di certo è la prima volta che metto il burro (in quantità così consistenti) fin dall'inizio: di solito si aspetta che l'impasto si sia incordato, prima di aggiungerlo, per il semplice motivo che le maglie di glutine si formano quando l'acqua fonde insieme gliadina e glutenina, le due proteine presenti nella farina di grano; i grassi tendono invece a isolare queste due proteine, inibendo la formazione delle maglie di glutine.

A prima vista lo zucchero sembra tanto e fa pensare che i panini risulteranno troppo dolci. Non è così invece; se proprio 75 g vi sembrano troppi riduceteli a 60, ma non andate sotto: stiamo facendo dei panini al latte, dopo tutto.

Avevo già accennato al fatto che un'idratazione al 40% è decisamente insufficiente per qualunque impasto di pane. Scheft fa anche altre aggiunte di farina: sul piano di lavoro, nella ciotola e sopra l'impasto alla prima lievitazione, e ancora sul piano di lavoro quando si formano le palline. Come possono venire soffici dei panini, con un'idratazione che si riduce a ogni passaggio? Aumentando le dosi di acqua ho invece ottenuto un impasto dalla consistenza perfetta, che non aveva bisogno di farina sul piano di lavoro perché non si attaccava, pur essendo morbido. Inoltre, più un impasto è idratato, più il prodotto finale sarà soffice.

Insomma, volevo vincere facile e invece mi sono trovata a sfornare pane per 4 giorni di fila, una gran faticaccia. E se prima di sedermi al PC per scrivere questo post avevo pensato di limitarmi a rimandare la ricetta, adesso ho cambiato idea. Un panettiere del calibro di Scheft, che sforna pani divini a giudicare dall'enorme successo dei suoi panifici in Israele e in America, non può fare degli errori madornali come questi, non quando scrive rivolgendosi a un pubblico che conosce i suoi prodotti e li adora.
Questa ricetta, così come è stata scritta, per me è inesorabilmente (e con grande dispiacere)

BOCCIATA