venerdì 27 giugno 2014

INDIA COOK BOOK- TIRIAMO LE SOMME?




Di questa stagione, con un'estate che ormai è arrivata, una voglia irrefrenabile di infilare qualcosa in valigia e scappare lontane dagli uffici, dalle case di città, dagli impegni che scandiscono nel bene o nel male tutti i mesi, ma che in questa stagione diventano improvvisamente più pesanti e difficili da affrontare, verrebbe da invocare twitter e i suoi 140 caratteri. Un bel Tiriamo le somme sintetico, magari da appiccicare al dorso del libro, in modo da poter già sapere ad una prima occhiata che cosa c'è da aspettarsi da un volume piuttosto che da un altro. Riuscite a immaginarlo, uno scaffale del genere? "Riescono tutte!" "Bidonata solenne!" "Usa l'edizione inglese!" "Controlla la dispensa prima di iniziare!" e via dicendo: varrebbe solo per la sezione dei libri di cucina (di sicuro, non per i Gialli) ma potrebbe rivelarsi di una utilità sorprendente, specie se il numero delle opere non è più quello risicato degli inizi del nostro amore per i fornelli.
E così, per restare in tema, il tweet per India- The Cook Book potrebbe essere " qui abita la completezza, ma non la precisione": perchè da un lato, l'opera è la raccolta più esaustiva che sia mai stata pubblicata in Occidente dell'immenso mondo della cucina indiana; dall'altro, "tira via" in parecchie ricette, dando per scontata una conoscenza che purtroppo non tutti possiedono, nella misura in cui "nessuno nasce imparato".
A pensarci bene, questo era un rischio implicito nella scelta dell'autore: Pushpesh Pant, infatti, è un accademico, non uno scrittore di libri di cucina e quindi affronta l'argomento con un approccio diverso (apro una parentesi: la frase originaria era: Pushpesh Pant è un accademico, non un cuoco: poi mi son venute in mente le ricette scritte dai cuochi, e ho cambiato punto di riferimento: per dire che cucinare è una cosa, scrivere di cibo è un'altra). Quindi, omettere dosi, saltare passaggi, trascurare di soffermarsi su procedimenti importanti, ci sta. L'altro aspetto, però, è che tradurre in dosi la cucina indiana è una missione impossibile: perché gli Indiani, forse più di ogni altro popolo, tramandano oralmente, a volte anche solo gestualmente, le loro ricette: se non ci credete, provate a chiedere a un Indiano come fa il suo curry, chiedetegli le dosi esatte della miscela delle spezie: vedrete che vi risponderà con la saggezza antica di chi la cucina ce l'ha nelle dita e non su un pezzo di carta.
Quindi, rassegnamoci: India- the Cook book è probabilmente quanto di meglio si poteva fare, oggi, per diffondere la conoscenza della cucina di questo Paese e di invogliare i lettori a provarla: non indulge a scorciatoie, non semplifica i procedimenti, parte spesso dalle basi esattamente come i veri Indiani ed è quindi quanto di più autentico ci possa offrire il mercato. Il nostro consiglio, quindi, è quello di comprarlo, anche se costa caro, e magari di cimentarvi in qualche ricetta, quest'estate, e di comuncarci le vostre variazioni sul tema: lo Starbook è un progetto condiviso, che vorremmo fosse sempre più "di tutti" e non solo delle nove Starbookers che propongono i libri. Le stesse nove che oggi vi salutano, stremate da un anno faticosissimo, e che vi danno appuntamento a settembre, con nuovi libri e altre novità.
Buone vacanze a tutti!

giovedì 26 giugno 2014

KOFTHA CURRY AND LEHNSUNI NAAN - CURRY DI POLPETTE E PANE NAAN




Volare in paesi lontani senza scomodarti ad andare in aeroporto, utilizzare spezie delle quali non conoscevi nemmeno l’esistenza, cucinare piatti che mai avresti immaginato, magari utilizzando tecniche di cottura improbabili.. tutto questo, e molto altro, è lo Starbooks.
Grata e onorata, mi ritrovo nuovamente qui, emozionata ed entusiasta, stavolta anche un po’ timorosa, perché la mia conoscenza della cucina indiana è pari a zero.
Ho scelto due ricette apparentemente molto semplici; mentre ne leggevo gli ingredienti già ne pregustavo i profumi e i sapori. Ecco com’è andata…


Kofta curry - Curry di polpette

250 ml. olio o burro chiarificato
3 cipolle finemente affettate
mezzo cucchiaino di curcuma macinata
1 cucchiaino di zenzero fresco macinato
1 cucchiaino di aglio macinato
1 cucchiaino di semi di anice macinati
1 cucchiaino di semi di papavero
2,5 cm noce di cocco essiccata
1 cucchiaino di peperoncino in polvere
un pizzico di pistilli di zafferano
4 chiodi di garofano
5 baccelli di cardamomo
1 stecca di cannella lunga 2,5 cm circa
180 ml yogurt sbattuto
350 gr. macinato di agnello cotto
1 uovo
sale


Scaldare a fuoco moderato 4 cucchiai di olio o di burro chiarificato in un grande tegame a fondo pesante, aggiungere le cipolle e soffriggere per 5-7 minuti o fino a quando non acquistano un bel colore oro scuro. Aggiungere la curcuma, lo zenzero e l’aglio e friggere per 30 secondi circa. Aggiungere i semi di anice, i semi di papavero e la noce di cocco e friggere per 2 minuti circa o fino a quando non sono diventati fragranti.
Aggiungere il peperoncino in polvere, lo zafferano, i chiodi di garofano, i baccelli di cardamomo, la cannella e lo yogurt, quindi salare. Versare nel tegame 500 ml. di acqua e cuocere a fuoco lento fino a ottenere una salsa.
Se si preferisce una salsa ben amalgamata, lasciar raffreddare e lavorare in un frullatore per 30 secondi. Se la salsa è troppo densa, aggiungere 125 ml. di acqua –io non ne ho aggiunto.                               
Lavorare il macinato in un frullatore o in un tritatutto fino a ridurlo in pasta. Trasferire in una padella per friggere e cuocere a fuoco lento in modo da far asciugare l’acqua e impedire così che, una volta fritti, i kofta si rompano.
Battere bene le uova in una terrina e mescolare al macinato, quindi ricavare dall’impasto delle polpette grandi come noci. – per me questo passaggio è stato impossibile, ho dovuto stendere l’impasto di carne e uova in una teglia e cuocerlo in forno, dopodichè ho coppato delle simil-polpette con un tagliabiscotti rotondo.Scaldare a fuoco moderato 175 ml. di olio o di burro chiarificato in un grande tegame a fondo pesante.
Friggere un po’ alla volta i kofta per 7-8 minuti circa o fino a quando non si sono uniformemente dorati.
Togliere dal tegame con una schiumarola e lasciar asciugare su carta da cucina. – ovviamente ho saltato anche questo passaggio.Disporre i kofta in un piatto da portata con la salsa calda. Servire caldo con riso bollito e chapati o paratha.


Lehnsuni naan - Naan all’aglio

8 gr. lievito fresco o 1 cucchiaino di lievito in polvere ad azione rapida
1 uovo
1 cucchiaino di zucchero
4 cucchiai di latte
500 gr. farina
un pizzico di sale
4 cucchiaini olio
200 gr. aglio tritato
Se si utilizza quello fresco, sciogliere il lievito in 2 cucchiai di acqua tiepida.
Mettere l’uovo, lo zucchero e il latte in una ciotola e mescolare bene.


Setacciare la farina e il sale in una ciotola grande. Se si utilizza il lievito in polvere, setacciarlo con la farina. Formare una fontana al centro della farina, aggiungere il lievito fresco (se lo si utilizza) e la miscela di uovo.
Mescolare gradualmente, aggiungendo abbastanza acqua da formare un impasto soffice. Una volta mescolato, impastare il composto su una superficie di lavoro leggermente infarinata per 5 minuti, poi trasferire in una teglia da forno, coprire con un panno umido e lasciar riposare per 10 minuti.
Aggiungere l’olio al composto, impastare nuovamente, coprire con un panno umido e lasciar riposare in un luogo caldo per 2 ore, per far lievitare.
Preriscaldare il forno a 200°, se lo si utilizza Dividere l’impasto in 8 porzioni uguali, formare delle palline e porle su un piano di lavoro infarinato. Schiacciarle leggermente e distribuirvi l’aglio tritato. Lasciar riposare per 5 minuti.
Oliare leggermente i palmi delle mani. Appiattire le palline tra le mani, arrotondarle e allungarle poi in forma ovale. Per cuocere i naan, utilizzare un tandoor o un forno - dal momento che il tandoor ancora mi manca… ho utilizzato il mio banalissimo forno elettrico :)Mettere i naan in una teglia oliata e cuocere per circa 10 minuti. Servire caldi


Note personali- la ricetta delle kofta prevede l’utilizzo di macinato di agnello cotto. Non potendo chiedere al macellaio di macinarmi dell’agnello cotto (cotto come poi? arrosto, bollito, in umido?), ho preso il macinato crudo e l’ho fatto saltare in padella con un goccio d’olio, come per un ragù. Già mi chiedevo come avrei fatto a far stare insieme del macinato cotto, ma ho voluto procedere seguendo alla lettera la ricetta. Dopo averlo cotto, frullato nel robot e ri-cotto per eliminare tutta l’umidità, come da ricetta, ho aggiunto al macinato l’uovo e cominciato a sgranare rosari affinchè queste kofta stessero insieme e assumessero l’aspetto di kofta. Niente. Aggiungo mezzo uovo – magari le mie erano troppo piccole. Niente. Un uovo intero. Niente. Metto il composto in una teglia e metto in forno, almeno lì si compatta e riesco a ritagliare dei dischetti. Non chiamateli kofta, vi prego.
- il curry in sè era molto buono, ma non è bastata la cottura per farlo diventare una salsa; l’ho dovuto frullare per qualche minuto col minipimer.

- il naan è un pane piuttosto insipido, va necessariamente mangiato come supporto ad un piatto


- la ricetta dice che con queste dosi si ottengono 6 pezzi – qualche riga dopo dice di dividere l’impasto in 8 pezzi

-
la quantità di aglio a parer mio è davvero esagerata – anche tenendo presente culture, tradizioni e quindi palati diversi, mezza testa d’aglio a naan avrei avuto anche difficoltà a farcela stare! oltretutto mi sono accorta dopo che servivano 200 gr. di aglio, le due teste d’aglio che avevo a casa erano belle grosse e pesavano 50 gr. ciascuna ed ho utilizzato quelle. dopo la cottura circa metà dell’aglio si è staccato, pur avendolo ben pressato sulla pasta.

- la quantità d’acqua è approssimativa, l’impasto deve essere soffice, a me sono serviti circa 250 ml. di acqua


La mia incompetenza in materia di cucina indiana mi ha portato a cucinare la ricetta del curry di polpette due volte; volevo capire se il non essere riuscita a formare le polpette fosse dipeso da qualche disattenzione o dimenticanza da parte mia oppure c’era effettivamente qualcosa che non andava nella ricetta. Soprattutto dopo aver letto il meraviglioso post Entrambe le volte non sono riuscita a formare le polpette quindi per me la ricetta delle Kofta Curry è BOCCIATA,  mentre quella del Lehnsuni Naan è PROMOSSA con RISERVA per l’approssimazione della ricetta soprattutto in relazione alla quantità l’acqua e al lievito.


Dolci & Dintorni

mercoledì 25 giugno 2014

BAJRE KI KHEER - BUDINO DI MIGLIO E LATTE





Seconda volta da Redoner e seconda volta che affronto una cucina straniera. Lo ammetto, la cosa mi ha messa un po’ in difficoltà, provare le ricette di una cultura così lontana è sempre una dura prova, non mi sento mai sicura del giudizio che posso dare. Ma alla fine il bello dello Starbooks è anche questo, sperimentare affidandosi completamente alle indicazioni dell’autore e vedere che succede...
Mi sono avvicinata al libro di questo mese con molta curiosità ma anche con un pochino di timore, dato il mio rapporto un po’ particolare con le spezie, assolute protagoniste della cucina indiana. Diciamo che il mio senso del gusto è particolarmente sensibile alle spezie e, anche quando sono usate in quantità minime, ne sento il gusto in maniera eccessiva, vanno completamente a coprire tutto il resto. Arrivo al livello che se in pizzeria vedo che negli ingredienti di una Margherita c’è anche l’origano, chiedo cortesemente di non metterlo… altrimenti mi sembra di mettere in bocca cucchiaiate di origano!
E quindi, come si fa a provare una ricetta indiana temendo l’uso delle spezie? Come sempre mi sono focalizzata sulle ricette dei dolci, la mia specialità, e devo dire che sono rimasta piacevolmente stupita nel trovare parecchie ricette che prevedevano un uso limitato delle spezie, ho avuto l’imbarazzo della scelta! Non conoscendo la cucina indiana, ho preferito scegliere una ricetta molto semplice sia negli ingredienti sia nell’esecuzione e alla fine ho deciso di preparare il Bajre ki Kheer, un budino a base di latte e miglio.


Ecco gli ingredienti, tutti facilmente reperibili (in corsivo le mie note personali):
  • un pizzico di pistilli di zafferano
  • 1 cucchiaio di burro chiarificato
  • 4 cucchiai di miglio
  • 1 litro di latte (non è indicato, io ho usato il latte intero)
  • 100 g di zucchero
Ed il procedimento, molto semplice, solo un po’ lungo:
In una piccola ciotola mettere lo zafferano, 2-3 cucchiaini di acqua e mescolare, poi tenere da parte.
Scaldare a fuoco medio il burro chiarificato in una casseruola a fondo pesante, aggiungere il miglio e saltare per 1-2 minuti (l’odore del miglio tostato è buonissimo!).
In un’altra ampia casseruola a fondo pesante portare il latte a ebollizione, aggiungere il miglio e abbassare la fiamma. Cuocere per 40-50 minuti o fino a che il composto non si è addensato mescolando di tanto in tanto (ho cotto 55 minuti). Togliere dal fuoco, aggiungere lo zucchero e mescolare per farlo sciogliere, poi incorporare lo zafferano. Servire tiepido.


Note personali
La ricetta è descritta bene ed è riuscita bene, non sono sicura che il latte si sia addensato sufficientemente, da freddo a temperatura ambiente il budino era denso,  da tiepido era ancora un po’ troppo liquido per poter essere definito proprio un budino, forse doveva cuocere ancora 5 minuti, ma non volevo discostarmi troppo dalle indicazioni. Il gusto nella sua semplicità è molto piacevole, mi ha ricordato il riso e latte che mi preparava mia nonna da bambina, con l’aggiunta dello zafferano che ci sta benissimo. L’ha mangiato anche la mia piccina di quindici mesi e le è piaciuto molto, penso proprio che glielo preparerò di nuovo (diminuendo solo un pochino lo zucchero perché era un po’ troppo dolce per i miei gusti).  Nel complesso quindi per me la ricetta è
PROMOSSA

 Aggiungo solo un ultimo commento prima di concludere, mi è rimasto qualche dubbio sull’edizione italiana del libro. Inizialmente infatti avevo scelto un’altra ricetta, il Nimish, ma era evidente che la descrizione del procedimento si riferisse ad un’altra ricetta, c’è stato proprio un errore di stampa. Ne ho avuto conferma anche perché ho trovato la ricetta di Pushpesh Pant online in inglese ed era completamente diversa da quella sul libro italiano. Probabilmente sono stata solo sfortunata a beccare l’errore di stampa alla prima… Però mi è rimasto il dubbio che l’edizione italiana non sia stata curata benissimo, mi chiedo quindi se i pochi dettagli su alcuni passaggi delle ricette provate dalle mie colleghe di questo mese non abbiano sofferto di una poca cura dell’edizione italiana, sarebbe bello poter confrontare le ricette con l’edizione originale per capire se è veramente il professore ad aver dimenticato qualche dettaglio o no.


Bloggoloso

venerdì 20 giugno 2014

KASHMIRI MURG KEBAB - KEBAB DI POLLO E CHAPATI

L'esperienza Starbooks è una fra le più ricche che possa aver fatto fino ad oggi. 
Mi sono lanciata sempre con grande entusiasmo all'arrivo di ogni nuovo testo, con il desiderio di saccheggiare a piene mani fra le ricette da testare ed in alcuni casi ho continuato a proporle in famiglia anche dopo la fine dell'esperienza mensile.
La decisione di approcciare un testo di cucina indiana mi ha invece fatto piombare nel panico più assoluto perché, e lo dico con un senso di sincera vergogna, io di questa cucina non so assolutamente nulla. 
Ho un unico ricordo, tentato vanamente di rimuovere, relativo ad una cena in rinomato ristorante indiano Londinese, dove i piatti sono molto fedeli a quelli che si trovano nel paese di origine. 
Trascinata da un gruppo di colleghi con i quali mi trovato per una fiera, credo di aver trascorso le 2 ore più lunghe e penose della mia vita. 
Premetto: io non amo il piccante. Né poco, né tantomeno molto e questa mia idiosincrasia deve avermi anche fatto sviluppare un'allergia nel tempo, perché mi basta una forchettata di spaghetti aglio, olio e peperoncino, per cominciare a tossire e lacrimare vergognosamente. 
Tornando alla famigerata cena, ho avuto la pessima idea di far scegliere gli altri per me, anche se non avrei comunque avuto grandi chance da sola considerando la mia ignoranza. 
Sulla tavola arrivavano uno dopo l'altro piatti profumatissimi, colorati, cibi immersi in intingoli accattivanti, spezie che volteggiavano sopra le nostre teste. 
Quello che però non avevo notato, erano le lingue di fuoco invisibili che lambivano i piatti, perché giuro, niente di quello che fu scelto, era privo di bruciore. 
Evitando di tediarvi ulteriormente sulla mia vita da schivapiccante, ho scelto queste ricette semplicemente perché conoscevo la parole Kebab e Chapati, quindi con la consapevolezza di chi sta per lanciarsi da un dirupo. Tantè. 
La fortuna ha voluto che fossero entrambe ricette molto facili, con ingredienti non impossibili da reperire ed anche, il che non guasta, veloci da realizzare.
Una cosa che ho capito della cucina Indiana, lavorando su queste ricette, è che lì si cucina veramente. Non so se riuscirò a spiegarmi, ma per realizzare questo Kebab di pollo, mi sono state necessarie 4 ricette diverse solo per produrre alcuni degli ingredienti che fanno parte della preparazione.
Sicuramente nel loro paese avranno prodotti base pronti, ma credo che questa cultura tradizionalmente cerchi di preservare il valore sociale e rituale del cibo.
Ovvero stare in cucina non è un momento di passaggio per scaldare qualcosa di precotto.
Le donne indiane assomigliano alle nostre mamme e nonne, che in cucina ci passavano le giornate.
Lo dimostra un libro alto come uno scalino ed i passaggi di questa ricetta.
Kebab di pollo
750 g di zampe di pollo disossate e senza pelle
burro fuso (ghee)
Per la marinata
1 cucchiaio di pasta di anacardi (la ricetta è a parte)
1 cucchiaio di pasta di peperoncini verdi
375 g di yogurt (qui indica come farselo da soli - io ho usato yogurt greco magro)
200 ml di panna
2 uova
2 cucchiaini di farina
3 cucchiai di aceto di malto
3 cucchiai di pepe bianco macinato
3 cucchiai di cardamomo bianco macinato
5 cucchiai e mezzo di olio
2 cucchiai di pasta di zenzero (ricetta a parte)
2 cucchiai di pasta di aglio (ricetta a parte)
2 cucchiai di petali di rosa macinati
sale
Tagliare ogni coscia di pollo in 4 parti.
Preparare la marinata mescolando tutti gli ingredienti in una grande ciotola. Salare. Aggiungere il pollo e cospargerlo di marinata. Coprire e lasciare in frigorifero 2 ore.
Accendere un tandoor (ora, tutti noi abbiamo un tandoor in casa quindi non sarà difficile cuocere il vostro pollo ma nel caso non ne disponiate, potrete cuocere tranquillamente nel vostro forno, l'importante è avere una griglia ed una leccarda) o una griglia a carbonella a calore moderato, o preriscaldare il grill a calore moderato.
Infilare i pezzi di pollo in spiedini di acciaio e mettervi sotto una teglia per raccogliere l'eventuale eccesso di liquido. Arrostire il pollo per c.a 6/7 minuti (nel forno tradizionale ve ne serviranno almeno 12 con una temperatura di 180°).
Togliete gli spiedini dal calore e sospendenteli in modo che possano sgocciolare su una teglia per c.ca 2 minuti.
Mettete gli spiedini in un piatto, irrorate di burro fuso e arrostite nuovamente sul tandoor o sotto il grill per altri 3/4 minuti (nel forno tradizionale almeno 8 minuti - questo ovviamente dipende anche dalla grandezza dei vostri pezzi di pollo).
Trasferite il pollo in un piatto e servite.
Pasta di zenzero:
14 cm di zenzero fresco pelato e tritato grossolanamente.
Passare lo zenzero al frullatore con 3 cucchiaini di acqua e ridurlo in una purea omogenea. Trasferirlo in un contenitore e raffreddarlo in frigo.
Questa pasta può essere consumata entro tre giorni e conservata al freddo.

Pasta d'aglio 
200 g di aglio tritato grossolanamente
passare l'aglio al frullatore con 3 cuccia d'acqua e ridurlo ad una pasta fine. Trasferirlo in un contenitore e raffreddarlo in frigo.
Questa pasta può essere consumata entro tre giorni e conservata al freddo.

Pasta di anacardi
140 g di anacardi (al naturale se possibile
Mettere a bagno gli anacardi in una ciotola di acqua per 30 minuti. Scolarli e spezzarli.
Passarli in un frullatore con 2 cucchiaini di acqua e ridurli ad un pasta omogenea.
Trasferire questo puré in un contenitore e raffreddarlo in frigo. 
Questa pasta può essere consumata e conservata al freddo per 24 ore. 
Chapati
Questo pane azzimo ha origine nel Punjab ed è estremamente facile e veloce da fare.
400 g di farina integrale
un pizzico di sale
burro ghee
acqua quando basta.
Setacciare la farina ed il sale in una grande ciotola di acciaio inossidabile. Aggiungere c.ca 250 ml di acqua e cominciare a mescolare fino ad ottenere un composto soffice. 
Dividere l'imapsto in parti uguali e formare delle palline grandi poco più di una albicocca.
Appiattire ogni pallina fra i palmi delle  mani ed infarinare leggermente
Appiattire ulteriorimente la pallina in un disco di c.ca 15 cm di diametro.
Scaldare a fiamma lata una padella a fondo pesante poi ridurre a fiamma dolce. 
Aggiungere un chapati in padella e cuocere per c.ca 10 secondi premendo con un panno fino a che il pane non comincia a gonfiarsi.
Girate e continuate a cuocere nell'altro lato.
Il chapati sarà cotto quando appariranno delle macchie scure sulla superficie.
Servire i chapati così come sono o irrorandoli con burro ghee fuso. 

NOTE PERSONALI
  • La marinata del pollo risulterà densa. Non vi spaventate. Quando inserirete il pollo negli spiedini (io ho usato dei semplici spiedini di bambù e legno) la carne tratterrà la marinata e questo è buono, perché gran parte del suo sapore sta qui dentro. Infilzate i filetti di carne realizzando delle S e potrete far stare sullo spiedino anche 3 pezzi di carne. 
  • Per cuocere, io ho fatto tutto nel forno di casa, mettendo la griglia su cui avevo appoggiato gli spiedini giusto sotto il grill e proteggendo il tutto con una leccarda sotto la griglia. Durante la seconda cottura ho anche acceso la ventola per ottenere un po' di croccantezza
  • Sul piccante, anche qui ci si da da fare. 3 cucchiai di pepe bianco per me sono un pugno nello stomaco. Ho dimezzato. Mentre i peperoni verdi non sono granché piccanti. Per realizzare la pasta, ho fatto lo stesso procedimento di quella all'aglio e allo zenzero.
  • Non omettete il cardamomo e la rosa. Ma soprattutto non trascurate l'anacardo. Questi tre elementi danno al piatto un sapore assolutamente unico e lontano, che ho molto amato.  
  • Al posto dell'aceto di malto, che non trovavo purtroppo, ho usato del semplice aceto di vino bianco, mentre come olio, ho usato dell'extravergine ligure. 
  • Il Chapati è un pane assolutamente povero. Senza intingoli non si può mangiare. Ancora peggio con la farina integrale....l'idea di cospargerlo di burro fuso mi aveva inorridito appena letto la ricetta, poi ho capito il perché. Senza è immangiabile (per lo meno da solo). 
  • LA ricetta del Chapati è molto ben spiegata. Ero scettica sul fatto che il pane si gonfiasse, invece avviene, sotto i tuoi occhi, il che dà grande soddisfazione. La pasta non va stesa moltissimo, direi 3/4 mm al massimo. 
PROMOSSA





giovedì 19 giugno 2014

CHINGARI MAACH MALAI - GAMBERI IN CREMA AL CURRY

chingari maach malai


Anche per me è stata la prima volta per un piatto di cucina indiana: non avevo mai preparato nulla ed assaggiato molto poco. Ero davvero molto curiosa di cimentarmi con i sapori e gli aromi orientali, che invece in famiglia piacciono moltissimo.
Ho scelto i gamberi (preparati secondo una ricetta del Bengala Occidentale), perché mi piacciono particolarmente e mi sembrava un bel modo di affrontare la nuova sfida. In effetti è stata una scelta azzeccata, perché il risultato ha incontrato i nostri gusti, nonostante la presenza di ingredienti che all'inizio mi avevano un po' spiazzata, nel loro insieme. Temevo che la presenza sia di latte che di crema di cocco unita ai gamberi e alle altre spezie, rendessero troppo dolce l'insieme: invece il tutto è risultato equilibrato e gustoso!
Ho anche guardato diversi siti, per avere un'idea dell'aspetto che il piatto avrebbe dovuto avere, poiché la ricetta non è corredata da foto, e ne ho trovato alcune realizzazioni; però, fedeli alla regola che ognuno prepara il "suo" curry secondo i gusti personali e le spezie preferite, anche gli ingredienti delle diverse versioni differivano, mentre il procedimento, più o meno, è simile per tutti.

Cosa originale, invece, è la grafia del "titolo" spesso diversa, ma immagino questo sia dovuto alle infinite varietà di lingue e dialetti presenti in India...

Gamberi in crema al curry - Chingari maach malai  

gamberi


Per 4 persone:
500 g di gamberi sgusciati e privati del budellino
1/2 cucchiaino di curcuma macinata
125 ml di crema di cocco fresco o in scatola
250 ml di latte di cocco fresco o in scatola
2 peperoncini verdi tagliati a metà e privati di semi
sale
1 foglia di alloro
6 chiodi di garofano
4 baccelli di cardamomo verde
1 stecca di cannella lunga 2,5 cm
1 pizzico di macis in polvere
2 cucchiai di burro chiarificato

Disporre i gamberi su un piatto di portata e frizionarli con la curcuma e un pizzico di sale.
In un tegame alto scaldare il burro chiarificato a fuoco vivo, aggiungervi i gamberi e rosolare per due minuti. Rimuoverli dalla padella e metterli da parte.
Abbassare la fiamma al minimo, aggiungere le spezie intere e la foglia di alloro e far cuocere per 1-2 minuti o finché cambino colore. Versare il latte di cocco e cuocere a fuoco lento per 2 minuti.
Unire i gamberi e i peperoncini e salare e quindi, cuocere per altri 5 minuti. Cospargere il macis in polvere (eventualmente potete sostituirlo con un pizzico di noce moscata) e cuocere a fuoco lento per altri 2 minuti, quindi incorporare la crema al cocco. Riscaldare uniformemente il tutto, aggiungendo un paio di cucchiai di acqua se necessario.
Note:
Non ho avuto bisogno di aggiungere acqua:  anzi, piuttosto ho lasciato il sughetto un po' più a lungo sul fuoco, togliendo i gamberi, per far ritirare leggermente il tutto e renderlo più cremoso. Poi ho messo nuovamente i gamberi, aggiunto la crema di cocco e fatto insaporire. Questo passaggio, che prevede l'utilizzo della crema di cocco solo nella parte finale, appena riscaldata, è indispensabile in particolare se si usa quella fresca, perché altrimenti, bollendo, potrebbe cagliare, come spiega l'autore nel paragrafo dedicato all'argomento, che vi riporto in coda al post.*
Per ciò che riguarda i peperoncini, ne ho trovato solo un tipo, molto simile ai friarelli, ma leggermente piccante; essendo però piuttosto grandi ne ho utilizzato uno solo: il risultato è stata una nota piccante molto gradevole e non eccessiva.
Mi sono piaciuti talmente che li ho preparati già due volte. Ho apportato solo due cambiamenti: ho ridotto a due i chiodi di garofano, che, personalmente, non amo (6 mi sembravano comunque troppi) ed aumentato ad un cucchiaino e mezzo la quantità di curcuma macinata, per frizionare meglio i gamberi.
Per servirli, di mia iniziativa, li ho accompagnati con un profumatissimo riso Basmati, che ho letto essere il riso indiano per eccellenza (e di cui il Bengala Occidentale, patria della ricetta che ho preparato, è un eccellente produttore), preparato nel più classico dei modi, seguendo le indicazioni trovate qui e ne ho condito un po' con una parte dell'intingolo.
Il risultato è stato un piatto di gamberi morbidi e succosi, belli all'occhio e ottimi al palato, profumatissimi.
Il sughetto di accompagnamento è cremoso, molto aromatico, senza che nessuno degli ingredienti soverchi gli altri.
Direi decisamente squisito e, pur con qualche piccola "personalizzazione",

PROMOSSO.

* Per ottenere il latte di cocco fresco, grattugiare la polpa di una noce in una ciotola, coprirla con acqua e lasciarla in ammollo per 30 m. Versare il liquido così ottenuto in una garza di cotone o in una ciotola pulita. Questo primo estratto è piuttosto denso ed è utilizzato come crema; deve essere maneggiato con attenzione e aggiunto ai piatti lentamente solo dopo aver abbassato la fiamma, altrimenti caglia.  

Per ottenere il latte, rimettere il composto nella ciotola, coprirlo con altra acqua e ripetere le operazioni di ammollo e scolatura. Il latte così ottenuto può essere bollito più a lungo. 

mercoledì 18 giugno 2014

SHAHI QORMA - CURRY DI POLLO DEL PRINCIPE


La cucina indiana mi ha sempre affascinata, sia per i suoi profumi ed i suoi colori, che per la sua "lontananza" dalla nostra cucina. Per me, è un'avventura e un mondo tutto da esplorare, con la mente aperta e senza pregiudizi, cosa spesso difficile per noi italiani ;)

In fondo al libro, oltre ad un utile glossario, vengono suggeriti dei siti internet dove reperire gli ingredienti necessari, nel caso in cui non abbiate negozi adatti a portata di mano.

La ricetta che ho scelto proviene dall'Awadh, oggi Stato dell'Uttar-Pradesh. La fama culinaria dell'Awadh nasce nel periodo imperiale, quando era governato dai nawab (nababbi), i fedeli vassalli degli imperatori moghul, e la magnificenza dei suoi banchetti non ha eguali.
Una curiosità, la guarnizione preferita della cucina dell'Awadh è la foglia d'argento, che viene posta ad ornamento sia di pietanze dolci che piccanti, ed è indispensabile in tutti i korma e i pulao. La preparazione della foglia è lunga e laboriosa. Delle sottili monetine d'argento vengono inserite tra due fogli di cuoio e di carta, e vengono battute per ore. L'argento era molto usato in cucina i tempi dei nababbi, perché considerata afrodisiaca... In rare occasioni la foglia d'argento viene sostituita con la foglia d'oro.

Il profumo che c'era in casa mia mentre cucinavo questo curry era meraviglioso, ma vediamo com'è andata...

in corsivo le mie note

Ingredienti per 4 persone

un pizzico di pistilli di zafferano
1 cucchiaio di latte caldo
150 g di burro chiarificato
10 baccelli di cardamomo verde
5 chiodi di garofano
2 stecche di cannella lunghe 2,5 cm circa
2 foglie d'alloro
150 g di cipolle tritate (io ho usato quelle di Tropea)
3 cucchiai di pasta di zenzero*
3 cucchiai di pasta d'aglio* (per me uno spicchio d'aglio intero)
2 cucchiaini di coriandolo macinato
1 cucchiaino di peperoncino in polvere
1 Kg di pollo tagliato in pezzi di 2,5 cm (ho usato il petto)
sale
250 ml di yogurt denso**
1 cucchiaino di garam masala
1 cucchiaino di macis*** in polvere
1 cucchiaino di cardamomo macinato
1 cucchiaino di pepe bianco macinato
2 gocce d'acqua di Kewra o di acqua di rose

Per guarnire

20 mandorle mondate ridotte in scaglie
1 foglia d'argento edibile

* Per preparare la pasta di zenzero, passare al frullatore 14 cm di zenzero pelato e tritato, con tre cucchiai d'acqua, fino a ridurlo in una pasta omogenea. Seguire lo stesso procedimento per ottenere la pasta d'aglio, utilizzando 20 g 200 g di aglio tritato grossolanamente e tre cucchiai d'acqua. Raffreddare in frigorifero e consumare entro tre giorni.

**Per preparare lo yogurt denso, porre una garza di cotone in un colino, e reggendolo sopra al lavandino versare lo yogurt, unire gli angoli della garza e legarli con dello spago da cucina per formare un piccolo fagotto. Appenderlo sopra ad un contenitore e lasciar riposare per 30 minuti per uno yogurt di media densità, se invece si vuole ottenere uno yogurt solido, riporlo in frigorifero per un giorno intero.

*** Dal glossario del libro: il macis è la "membrana aromatica che ricopre il seme della noce moscata, nota in India come javitri. Utilizzata intera ed essiccata oppure macinata nei piatti salati ma anche nei dolci". Io, non trovando il macis, ho utilizzato la noce moscata.

Procedimento.
Mettere lo zafferano in una terrina, aggiungere un po' d'acqua e lasciare in infusione.
Scaldare a fuoco moderato il burro chiarificato in un tegame capace e a fondo pesante, aggiungere i baccelli di cardamomo (io li ho aperti, per utilizzare i semini), i chiodi di garofano, la cannella e le foglie d'alloro e soffriggere per un minuto circa o fino a quando non cominciano a sfrigolare. Aggiungere le cipolle e soffriggere per 5-7 minuti circa o finché non sono rosolate. Aggiungere le paste di zenzero e di aglio e soffriggere per altri 3 minuti. Unire il coriandolo e il peperoncino in polvere, salare, mescolare e aggiungere i pezzi di pollo. Soffriggere per 5 minuti circa, aggiungere lo yogurt e portare quasi al punto di ebollizione. Versare nel tegame 750 ml d'acqua, coprire e far sobbollire per 30 minuti o finché la carne non risulta cotta. Aggiungere le spezie e far sobbollire per 10 minuti. Regolare di sale, aggiungere l'acqua di Kewra e lo zafferano ammollato e mescolare. Guarnire con le scaglie di mandorle e la foglia d'argento (io non l'avevo!)

Note personali

Premetto che il risultato finale mi è piaciuto moltissimo, le spezie sono ben dosate e si riconoscono senza essere invadenti, e il tocco delle mandorle è perfetto, però ho dovuto aggiustare il tiro in corso d'opera.
- La quantità d'acqua per me è eccessiva, alla fine avrete un brodo e non una salsa. Io, una volta che la cane era cotta, l'ho tolta e ho ristretto la salsa fino alla giusta consistenza. Credo che si potrebbe arrivare quasi a dimezzarla.
- Diminuirei anche i tempi di cottura, la carne è tagliata in pezzi di 2,5 cm, quindi non necessita di oltre 40 minuti di cottura!
- Tra gli ingredienti compare anche un cucchiaio di latte caldo, ma nel procedimento sparisce...
- Il burro si può tranquillamente diminuire, adattando la quantità ai vostri gusti.

Accompagnate questo curry con il pane Paratha che ha provato la Ale ieri, e avrete un pasto principesco :)

Per le motivazioni di cui sopra, la ricetta è  PROMOSSA CON RISERVA

martedì 17 giugno 2014

PARATHA


La cucina indiana ha una tradizione che inizia e non finisce in materia di pani. Solitamente, si tratta di "flat bread", vale a dire pani piatti, di solito non croccanti né friabili, che mantengono l'antica funzione di piatto dove servire la pietanza. I più antichi, autoctoni, sono privi di lievito e son cotti su una piastra; quelli che derivano dalla tradizione musulmana, invece, sono lievitati e sono cotti nel tandoori. Ma le varietà sono tante e tali che introdurre distinzioni generiche sarebbe inutile, oltre che errato. Semmai, l'unica concessione alla genericità può riguardare la loro bontà, visto che sono tutti eccezionalmente saporiti, anche quelli in apparenza più incolori: è il caso del Paratha, un tipo di pane diffusissimo nel Nord dell'India, che appartiene alla "famiglia" del chapati, vale a dire il pane non lievitato, cotto su una piastra. Rispetto a quest'ultimo, è un po' più croccante, conosce la versione integrale (anzi, a dirla tutta, la farina bianca sarebbe una variante) e viene venduto per strada, aromatizzato con semi varii, con foglie di menta oppure accompagnati dal paneer. Il modello base è simile ad una crepes: ma sono altrettanto diffusi anche i paratha superaccessoriati, ripieni di patate e spezie (alu paratha) o quelli profumati al finocchio (jalebi paratha). In tutti i casi, l'ingrediente indispensabile è il ghee, vale a dire "quel che resta del burro", una volta eliminate l'acqua e le proteine. Praticamente, un burro chiarificato, che potete trovare nei negozi di specialità etniche, sugli scaffali dei supermercati meglio forniti o, meglio ancora, preparare direttamente a casa, seguendo le indicazioni della Mapi, qui



Testo integrale (traduzione dall'edizione inglese)

(Origine: Punjab/Delhi/Awadh)

1 kg farina 00
4 semi di cardamomo verde macinati
100 g ghee
1 pizzico di sale

Setacciare la farina, il sale e il cardamomo macinato in una ciotola, poi unire abbastanza acqua da ottenere un impasto morbido. Impastare bene per 5 minuti, poi dividerlo in 8/10 palline e coprire con un canovaccio inumidito per 15 minuti. Mettere il ghee in un tegame poco profondo su calore dolce e impastarlo bene con le mani fino a ottenere una consistenza simile a quella del burro. Stendere ogni pallina di impasto sul piano di lavoro leggermente infarinato fino a ottenere un disco di 20 cm di diametro. Spalmarci sopra un pochino di ghee, poi piegare a metà e spalmare un po' di ghee sopra alla parte ripiegata. Arrotolare dandogli la forma di un sigaro, poi arrotolarlo su se stesso formando un disco (coil into a round*). Scaldare una padella dal fondo pesante su fiamma media. Stendere ogni disco col mattarello raggiungendo un diametro di 18 cm. Mettere un po' di ghee sul fondo della padella e adagiarvi la paratha. Ridurre la fiamma al minimo. Cuocere la paratha continuando a girarla su se stessa, premendo i lati verso il basso e irrorando i lati con il ghee caldo, in modo che si aprano e si dividano in strati. Mantenere il calore basso, per dar modo alla paratha di cuocere bene all'interno. Quando un lato sarà ben dorato, rivoltare la paratha e cuocerla sull'altro lato (ci metterà 1-2 minuti per lato). Ricordate che più ghee ci sarà in padella, migliore sarà il risultato finale. Quando la prima paratha è cotta, toglierla dalla padella e cuocere la successiva.

Note mie
1. se mi sognassi di scrivere "abbastanza acqua" in una ricetta, mi troverei sommersa da richieste di chiarimento. E' vero che le dosi dei liquidi sono sempre indicative, ma si parte comunque da una grammatura certa. Io ho azzardato un 55% di idratazione, considerato che il tempo per l'impasto è poco, solo 5 minuti: ho ottenuto un impasto ben lavorabile e morbido. Però, come ripeto, andare a occhio è l'eccezione: la regola, vuole che le dosi si indichino. 
2. è meglio far sciogliere il ghee e spalmarlo con un pennellino, perchè se ne usa un po' meno e soprattutto non si rischia di stracciare l'impasto, spalmandolo "a pomata"
3. *il "round" è una "girella"

Se vi può servire, vi metto i miei appunti, direttamente dal quadernetto for dummies e, a seguire, le varie fasi della lavorazione





1. Stendete la pallina di impasto in un cerchio di 20 cm di diametro, su un piano di lavoro leggermente infarinato
2. spennellatela col ghee
3. piegatela in due, per il largo
4. spennellatela di nuovo col ghee
5. arrotolatela come se fosse un sigaro
6. arrotolatela a girella
7. spianatela col mattarello 









per quanto riguarda la cottura, ho usato la padella per le crepes: l'ho scaldata bene, a fiamma media, poi ho seguito tutte le indicazioni del libro. Ho solo dimezzato le dosi e fatto paratha più piccole: credo però di averle tirate troppo sottili, rispetto all'originale, all'inseguimento di quella croccantezza che in parecchi testi viene indicata come requisito di questo pane (cosa che personalmente non mi risultava, ma nei ristoranti indiani qui a Genova si serve solo naan o chapati e in quello di Londra dove vado sempre- in Gloucester rd- ne hanno così tanti che mi dimentico da una volta o l'altra che cosa ho ordinato)



Come volevasi dimostrare, ho sbagliato.Avendo tirato l'impasto troppo sottile, ho ottenuto come  risultato finale quello che mi aspettavo e che per certi versi temevo: un classico "flat bread"  solo relativamente sfogliato. Eccovi la foto dell'interno (scusate la sfocatura, ma con una mano tenevo la macchina fotografica, con l'altra la piadina e, come se non bastasse, diluviava pure). Di sicuro, con uno spessore maggiore, sfoglia di più.


Il sapore è eccellente e il cardamomo fa il suo dovere: lo si sente poco, quel tanto che basta per dare personalità ad un pane altrimenti un po' spento. Il sale è poco, ma va bene così: son pani da mangiare di necessità con un ripieno e quindi basta giusto un pizzico, per bilanciare l'insieme. 
In definitiva, il risultato finale è stato soddisfacente, ma la spiegazione è un po' troppo affrettata, come ho già rilevato nelle note, più sopra. Per cui, la  ricetta è

PROMOSSA CON RISERVA

lunedì 16 giugno 2014

MATAR PULAO - PULAO AI PISELLI



Sono stata una delle sponsor dell'idea di fare un libro di cucina indiana. Una cucina così immensa e variegata, piena di suggestioni diverse, di sapori e ingredienti per noi veramente strani, mi sembrava proprio il caso di metterci alla prova.
Poi io per prima mi sono trovata, lo devo ammettere, in difficoltà.
L'inesperienza, o meglio, la non conoscenza dell'argomento hanno giocato un ruolo fondamentale.
Gli ingredienti mai sentiti, pure.
Personalmente ha contato, paradossalmente, anche l'elevatissimo numero di ricette presenti nel libro.
Devo ammetterlo, mi sono persa.
E infatti ho sfogliato quelle pagine per sere e sere, senza riuscire a trovare una ricetta in cui cimentarmi.
Non perché nessuna mi intrigasse, anzi, mi intrigavano tutte, ma in una non capivo bene il procedimento, nell'altra c'era quell'ingredienti che proprio non riuscivo a capire cosa fosse, e non lo trovavo nemmeno in rete, nell'altra bisogna usare la carbonella e io qui non ho nemmeno un balconcino, di carbonella manco a parlarne.
Insomma, sono giunta faticamente alla scelta di questo piatto, praticamente un risi&bisi della via delle spezie.
Lo dico subito, non sono stata troppo contenta della ricetta. Vediamo perché.

Matar pulao
Ingredienti
(per quattro persone)
400 g di riso basmati sciacquato
1 cucchiaino di succo di limone
1 cucchiaio di acqua di kewra o acqua di rose (io, acqua di rose)
 1 cucchiaino di cardamomo verde macinato
1 pizzico abbondante di macis in polvere

Per il potli aromatico
15-20 grani di pepe nero
6 baccelli di cardamomo verde
3 baccelli di cardamomo nero (non ce l'avevo, ho messo 9 baccelli di cardamomo verde)
5 chiodi di garofano
2 stecche di vaniglia lunghe 2,5 cm
2 foglie di alloro

Per i piselli
un pizzico abbondante di pistilli di zafferano
250 g di piselli freschi (sgranati)
5 cucchiai di burro chiarificato
50 g di cipolla affettata
3 cucchiai di pasta di zenzero
1 cucchiaino di pasta di aglio
6 baccelli di cardamomo verde
5 chiodi di garofano
sale

Preparazione
Mettere a bagno il riso in una ciotola grande per circa 15 minuti, poi scolarlo.

Per i piselli mettere i pistilli di zafferano in una ciotola piccola, aggiungere un cucchiaio d'acqua e farla assorbire. Cuocere i piselli in una pentola di acqua bollente per circa 4-5 minuti o fino a che sono al dente (io molto più tempo, i miei piselli del contadino erano troppo buccioni).

Per il potli aromatico frantumare grossolanamente le spezie in un mortaio o in un macina spezie, poi trasferirle in un telo di mussola, legandolo a sacco con spago da cucina sufficiente ad appanderlo al bordo della pentola.

Mettere il riso in un'altra pentola grande, coprire con acqua, aggiungere il potli e lasciare da parte per 30 minuti. Scolare al momento di cucoere e tenere da parte il potli.

Portare ad ebollizione 375 ml di acqua in una pentola grande a fondo pesante. Aggiungere il potli, salare e mescolare. Spruzzare con il succo di limone, mescolare e portare ad ebollizione. Aggiungere il riso e cuocere a fuoco medio per circa 18 minuti e fino a che è quasi cotto. Scolare, scartare il potli e trasferire in un'altra pentola. Cospargere con acqua di kewra (io di rose), cardamomo e macis e poi lasciar riposare per 10 minuti.

Nel frattempo scaldare il burro chiarificato in una padella a fuoco medio, aggiungere le cipolle e saltare per 2 minuti o fino a che sono trasparenti e lucide.
Aggiungere la pasta di zenzero e la pasta di aglio e saltare per circa 2 minuti o finché le cipolle sono dorate, poi aggiungere i piselli e salare.
Saltate per 2-3 minuti finché si sono asciugate (cosa??).
Aggiungere i baccelli di cardamomo e i chiodi di garofano e saltare per un minuto.
Togliere dal fuoco, trasferire nella pentola del riso, cospargere con lo zafferano ammollato, mescolare con delicatezza e regolare di sale se necessario.


MIE NOTE
  • Ho avuto problemi con la cottura del riso. Secondo me l'acqua prevista è poca: si asciuga molto rapidamente, lasciando il riso non al dente ma crudo. Io ne ho dovuta aggiungere, ma questo ha rovinato la cottura e il riso si è appallato. La prossima volta proverò a mettere più acqua, a coprire di un dito il livello del riso come faccio di solito, usando una pentola più piccola. 
  • Sul libro ci sono le ricette della pasta di zenzero e della pasta di aglio. Si tratta di frullare grandi quantità dell'uno e dell'altro rispettivamente con un paio di cucchiai di acqua. Io non ne ho voluta fare la quantità prevista sul libro, non sapendo cosa farmene, ma fatta in piccole quantità non è la stessa cosa, non diventa cremosa. A meno ovviamente di non provare a farla nel mortaio....
  •  Dice di usare un pizzico di pistilli di zafferano. I miei erano un pizzico abbondante, sono stati a bagno davvero a lungo, ma ciononostante non hanno colorato quasi per niente il riso.

PROMOSSA CON RISERVA
(per la cottura del riso)

venerdì 13 giugno 2014

PANEER KE CHEVAL - PANEER E RISO INDIANO AL FORMAGGIO



Immergersi nella cucina indiana, quella vera e non quella adattata al gusto occidentale alla quale tutti noi siamo abituati per averla gustata nel ristorante sotto casa, è come fare un salto nel vuoto. Perché non è sufficiente aggiungere al pollo un po’ di curcuma, zenzero e cumino e un pizzico di peperoncino per ritrovarsi di fronte a un curry di pollo. Bisogna invece fare i conti con spezie sconosciute, ma anche con ingredienti mai visti né mai sentiti prima e di cui è impossibile immaginare il sapore perché mai assaggiati. Ma anche con tecniche di cottura sconosciute.
Come era prevedibile, alla notizia che il libro che lo Starbook avrebbe esaminato nel mese di giugno conteneva ben 1000 ricette della cucina indiana e che avrei dovuto prepararne una anch’io, mi sono fatta prendere dall’entusiasmo e ho svaligiato l’unico negozio di alimentari asiatici presente nella mia città, piccolo ma in cui si può trovare di tutto, ortaggi stranissimi, radici di fiori di loto, spezie di ogni genere, semi, legumi, decine di varietà di riso diverse, che noi la facciamo facile a definire un riso semplicemente come basmati.

India in cucina, a cura di Pushpesh Pant, prodotto indiano, 1000 ricette, peso netto 1,5 kg. Si presenta in un sacchetto di tela come fosse un pacco di riso. Geniale già dalla confezione, dall’idea di presentarlo a peso e dai colori della copertina. Basta aprirlo per rimanerne affascinati al primo istante. È strutturato in maniera tale da rendere il più possibile di facile comprensione ad un occidentale questa cucina così misteriosa, troppo spesso confusa con quella che ci hanno fatto conoscere i britannici a seguito della colonizzazione inglese in India. L’intento dell’autore è così immediatamente percepibile ed è quello di rendere fruibile la vera cucina indiana a chi non la conosce e così il libro si apre con un’introduzione in cui si descrivono le varie regioni in cui si divide questo immenso paese dal punto di vista storico-culinario. L’introduzione infine si chiude con una pagina dedicata alle note sulle ricette in cui si spiega che in India si fa un uso piuttosto abbondante di burro chiarificato e di spezie (ciascuna ricetta riporta tra l’altro degli asterischi che ne indicano il grado di piccantezza) ma, una volta sperimentata la versione tradizionale di ciascun piatto, i quantitativi di grassi e di spezie possono essere ridotti per essere adattati al palato dell’utilizzatore. I capitoli successivi sono divisi anche per colore, ciascuno di essi è scritto su pagine di colori diversi e questo rende molto più semplice la consultazione, considerando anche che il libro si compone di più di ottocento pagine. Si apre quindi con il capitolo dedicato alle spezie, non poteva essere altrimenti visto il ruolo fondamentale che rivestono per la cucina indiana. Quindi ci sono i chutney, gli spuntini, i piatti principali (a base di carne, di pesce o di verdure), il pane, il riso e i dolci. Ciascuna ricetta inoltre riporta il nome originale indiano e la sua traduzione in italiano, la zona di origine, il tempo necessario per la preparazione e quello per la cottura.

  Ad una prima lettura, quello che colpisce è che, a parte alcuni ingredienti ed abbinamenti particolari, la differenza tra i vari piatti spesso si gioca esclusivamente sul diverso utilizzo delle spezie, che a seconda degli accostamenti e delle quantità possono rendere un piatto completamente diverso da un altro. E poi tutto può essere una spezia. Persino un legume. L’ho scoperto con meraviglia nel preparare uno dei quattro piatti che volevo proporre. Sì, perché inizialmente ero rimasta colpita da una ricetta a base di riso ma poi ho pensato che, non essendo il riso un piatto vero e proprio, avrei potuto presentarlo insieme a delle verdure e già che c’ero anche a un chutney. Salvo poi rendermi conto che si trattava di ben tre ricette, ciascuna delle quali estremamente complessa e quindi ritornare all’idea iniziale di proporre solo il riso. Ma tornando al discorso delle spezie, nel preparare il chutney mi sono imbattuta nei legumi, i chana dal (una specie di piselli gialli spezzati che avevo già utilizzato per altre preparazioni) e gli urad dal (dei piccoli fagioli neri). Nella descrizione degli ingredienti si indicava di utilizzare un cucchiaio di ciascuno di questi legumi “sciacquati e scolati” per poi saltarli con dell’olio in una padella e successivamente tritarli insieme ad altri ingredienti per ottenerne una pasta. Ecco, questo è un esempio lampante di come ci si possa trovare in difficoltà nel capire una cucina così diversa dalla nostra, una cucina che ci fa utilizzare ingredienti simili a quelli ai quali siamo abituati ma in un modo per noi inimmaginabile. Ho fatto molta fatica infatti a capire che i legumi non dovevano essere cotti ma che dovevano essere, da crudi, semplicemente saltati in padella per poi essere tritati e diventare così, di fatto, una specie di spezia. Pensavo inizialmente che si fossero dimenticati di specificare che dovevano essere lessati o qualcosa di simile. Ma così non era. Leggendo varie ricette, ogni volta in cui mi imbattevo in qualcosa che a prima vista sembrava scorretto alla fine scoprivo che a me sembrava sbagliato semplicemente perché la mia visione di cucina è limitata, estremamente limitata. Tutto ciò che è scritto nel libro invece alla fine torna sempre. Spesso si dice di utilizzare del coriandolo e si specifica sempre se secco, fresco, le foglie o i semi, interi oppure tritati. Il libro è di una precisione incredibile. Il problema è semmai che essendo così diverso tutto da quello a cui siamo abituati in certi passaggi sembra impreciso; insomma, per farci capire una cucina così diversa dalla nostra le pagine sarebbero dovute essere 5000 perché accanto ad ogni ingrediente (e non sommariamente in un capitolo finale, peraltro molto utile) l’autore avrebbe dovuto aprire una parentesi per spiegarcelo (cosa ovviamente infattibile), così come ad esempio che i chana dal e gli urad dal in quella ricetta che stavo affrontando smettevano di essere dei legumi per diventare una polvere dal sapore di nocciola tostata, tra l’altro incredibilmente buona. E per lo stesso motivo può quindi succedere anche che ci siano delle ricette che non riescano al primo colpo, come è successo a me con il paneer, una specie di formaggio fresco ottenuto dalla coagulazione del latte per mezzo dell’acido citrico, quindi senza l’utilizzo del caglio animale e perciò adatto anche ai vegetariani.


 
PANEER
da India in cucina – a cura di Pushpesh Pant



Ingredienti
2 litri di latte
2 cucchiai di succo di limone

Scaldare il latte in una pentola a fuoco medio. Quando bolle incorporare il succo di limone. Appena il latte caglia il siero comincia a separarsi. Scolare il latte cagliato con una garza pulita e ridurlo a un solido. Sollevare e legare i lembi della garza senza strizzarla e formare un fagottino. Sospendere il fagotto sopra un contenitore e lasciar filtrare tutto il liquido. Trasferire il composto solido, sempre nella garza, nel lavello sotto a un peso per 2-3 ore fino a produrre un blocco di formaggio che può essere tagliato nella forma desiderata (io l’ho chiuso nella garza e l’ho lasciato in uno scolapasta su cui ho messo un piattino e sopra un mortaio di marmo).


NOTE:
Ho dovuto fare il paneer due volte perché la prima volta non è cagliato bene, il siero non si è separato perfettamente dalla parte solida. Ho cercato di capire dove avessi sbagliato e cercando un po’ in rete ho visto che molti aggiungono al latte della panna e ho pensato che probabilmente il latte non deve essere troppo magro (è una mera supposizione perché non ne so assolutamente nulla della materia); io ho comunque utilizzato del latte intero ma probabilmente quello al quale siamo abituati ormai noi ha una percentuale di grasso abbastanza bassa. Inoltre ho pensato che i due cucchiai di limone indicati non
corrispondessero a due cucchiai del mio cucchiaio da tavola ma alla misura anglosassone del tablespoon che è pari circa al doppio. Infatti, utilizzando il doppio della quantità di limone al secondo tentativo il paneer è riuscito. Ma non so se sia dipeso da quello, dal latte (che era diverso) o dal fatto che abbia rimescolato un po’ di più. Fatto sta che dopo due ore il formaggio si era perfettamente compattato, al punto che tagliandolo a cubetti con il coltello per la preparazione successiva non si sfaldava minimamente.
La ricetta è semplicissima, avrebbe potuto essere spiegata forse in maniera più particolareggiata in considerazione del fatto che è una preparazione alla quale non siamo abituati, magari specificando di rimescolare delicatamente appena il latte comincia a cagliare e avvisando che il siero separandosi deve assumere un colore verdastro (onde evitare inutili preoccupazioni :)), ma sarebbe forse come chiedere a noi italiani di specificare che quando si mettono gli spaghetti a cuocere nell’acqua non devono essere spezzati; insomma, ci sono passaggi nelle ricette tipiche della tradizione di un popolo che sono talmente impliciti che probabilmente non viene in mente di specificarli.
Il paneer può essere utilizzato in molteplici modi, sia crudo ma soprattutto cotto, saltato in padella o fritto, in India solitamente viene servito con verdure o insalate, ma anche semplicemente condito con un filo d’olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale è davvero ottimo.
Nonostante la difficoltà iniziale, la ricetta è comunque
PROMOSSA

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RISO INDIANO AL FORMAGGIO
PANEER KE CHEVAL
da India in cucina – a cura di Pushpesh Pant





Ingredienti
4 cucchiai di olio + q.b. per friggere
1 tazza di paneer a dadi di 1 cm
2 foglie di alloro
4 chiodi di garofano
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cipolla affettata
1 cucchiaio di curcuma macinata
2 peperoncini verdi senza semi e affettati
400 g di riso basmati sciacquato e scolato
80 g di piselli
2 cucchiai di succo di limone
sale

Per guarnire
2 cucchiai di burro chiarificato
1 cipolla affettata
12 anacardi
Per guarnire scaldare a fuoco medio il burro chiarificato in una padella, aggiungere la cipolla e soffriggere per 5-7 minuti o fino a quando è ben dorata. Togliere la cipolla e tenere da parte, poi mettere gli anacardi nella pentola e saltare per circa 2 minuti o fino a quando scuriscono. Togliere dalla pentola e tenere da parte.
Scaldare a 180° C, o fino a che un dado di pane scurisce in 30 secondi, abbastanza olio per friggere in una pentola profonda a fondo pesante. Immergere con cura i dadini di paneer nell’olio caldo e friggere per circa un minuto o fino a quando sono dorati. Trasferire con una schiumarola sulla carta da cucina.
Scaldare a fuoco medio l’olio in una pentola grande a fondo pesante, aggiungere le foglie d’alloro, i chiodi di garofano e il cumino, poi unire la cipolla e saltare per circa 5 minuti. Aggiungere la curcuma, i peperoncini, il riso, 700 ml di acqua, i piselli e il succo di limone, poi salare e mescolare bene. Portare a ebollizione, poi ridurre la fiamma fino a che sobbolle, coprire e cuocere per 10 minuti. Aggiungere i dadini di paneer fritto e mescolare con una forchetta, poi levare dal fuoco e lasciare riposare per altri 10 minuti o fino a quando il riso è pronto. Per servire trasferire su un piatto di portata e guarnire con le cipolle fritte e gli anacardi.
NOTE:

I passaggi della ricetta sono perfettamente spiegati nei minimi particolari, così come la descrizione degli ingredienti, come lo dimostra il fatto che nell’indicazione del riso da utilizzare si sia specificato che doveva essere sciacquato e scolato, passaggio che generalmente viene omesso pur essendo fondamentale in quanto il riso basmati se non sciacquato durante la cottura si spezza e alla fine ci si ritrova con un pappone.
Una cosa che ho trovato interessante è il fatto che per la cottura siano indicati non solo i minuti ma anche come debba risultare l’ingrediente alla fine; infatti, i tempi, soprattutto per le cotture molto brevi, sono spesso indicativi in quanto dipendono dal grado di calore del fuoco e anche dal tegame utilizzato. Quindi, dire che le cipolle affettate devono cuocere per 5 o 7 minuti o comunque fino a quando sono ben dorate o che gli anacardi devono essere tostati per 2 minuti o fino a quando scuriscono, significa da una parte dare un’indicazione sui tempi che è fondamentale ma dall’altra evitare che il risultato finale non sia quello giusto, come dire che si può cuocere anche due minuti in più o in meno, l’importante è che il risultato sia di un certo tipo.
Tutto è spiegato nei minimi dettagli, i passaggi che riguardano la cottura del riso sono completi, alla fine ci si ritrova con un riso basmati cotto alla perfezione, perfettamente sgranato e con i chicchi belli interi.
Questo piatto è di una bontà eccezionale, profumatissimo, speziato ma non troppo e colorato grazie alla curcuma, saporito ma delicato al tempo stesso. I dadini di paneer fritti si sposano alla perfezione con il resto degli ingredienti ed essendo molto compatti non assorbono troppo l’olio di cottura rimanendo leggeri. Le cipolle e gli anacardi per la guarnizione completano il piatto donando sapore e croccantezza all’insieme. Insomma, un piatto da fare e rifare.

CONCLUSIONI:
Secondo me, se ci si affida completamente a questo libro, cercando di togliere quei paraocchi che le nostre abitudini ci impongono, si entra in un mondo incredibile. Se invece ci si affida solo alla nostra esperienza nell’affrontare queste ricette il fallimento è dietro l’angolo. Perché inizialmente si resta spiazzati e l’istinto è quello di adattare quello che leggiamo a quello che conosciamo, ma sarebbe un errore. Per riuscire queste ricette hanno solo bisogno che ci si affidi completamente a loro seguendo alla lettera quello che è scritto. Insomma, secondo me questo è un grande libro di cucina, sicuramente in grado di riuscire nell’intento di farci conoscere finalmente la vera cucina indiana.
E quindi, anche questa ricetta è assolutamente:
PROMOSSA